domenica 17 febbraio 2013

Meglio ribadire lo scopo del Blog



In questo spazio intendo contribuire ad illustrare e commentare una forma di violenza complessa basata sulla comunicazione falsa, malevola e paradossale. 

Si tratta di argomenti che potranno essere percepiti in modo diverso a seconda dell’indole di chi legge, poiché ognuno di noi non dà esattamente lo stesso significato agli eventi e non intende allo stesso modo l’esistenza umana. Anche per questo motivo intendo precisare che i contenuti dei vari post non avranno la pretesa della scientificità né della verità storica, e non saranno riferiti a vicende o personaggi reali, saranno solo l’espressione delle mie convinzioni personali narrate avvalendomi del diritto costituzionale di manifestare liberamente il mio pensiero. 

Questo Blog è dedicato a chi svolge il proprio lavoro con passione; qualunque esso sia.



La struttura della violenza

Volendo provare a dare una definizione formale si potrebbe affermare che: La violenza perpetrata con la strategia delle sistematiche vessazioni, psichiche e morali, attuata per motivi di lavoro, è quella forma di violenza dolosa costituita da più azioni, non necessariamente reiterate nel tempo con una cadenza costante e non dotate nemmeno di apprezzabile energia fisica, ma in grado di generare, tramite attacchi psicologici estremi, forme di assoggettamento indebito o di ostracismo, nonché far insorgere una significativa alterazione delle funzioni psicofisiche nella vittima designata. Consiste in un susseguirsi di eventi traumatici e micro traumatici, aventi come obiettivo il progressivo indebolimento delle resistenze psicologiche e come scopo la manipolazione subdola della volontà del soggetto aggredito.


In altre parole questa forma di violenza, pur basata quasi esclusivamente sulla comunicazione, è comunque in grado di far insorgere un turbamento dell’equilibrio nella psiche della vittima. Così come è possibile provocare lesioni all'organismo umano mediante una sostanza nociva e provocare una intossicazione, in modo corrispondente è possibile avvelenare a piccole gocce la psiche di un qualunque individuo mediante una comunicazione falsa, malevola o paradossale. 

Questa forma di violenza ha una sua struttura tipica che comprende:

  • l’iniziale comportamento ambiguo, paradossale, abnorme, violento o minaccioso finalizzato a destabilizzare la vittima designata; 
  • il tentativo di assoggettamento indebito;
  • la durata nel tempo di una condotta sempre più illegittima dell’aggressore quando esaminata unitariamente; 
  • la reiterazione delle azioni ostili inquadrabili come una forma di terrorismo psicologico
  • l’esaurimento delle risorse e delle capacità di reazione dell’organismo della vittima designata dopo un tentativo di resistenza inefficace; 
  • un danno da rottura dell’equilibrio psicofisico ingiustamente provocato.
Questo schema peculiare lo si può trovare anche in certi rapporti familiari ove una figura, dopo aver inutilmente cercato di debilitare e soggiogare emotivamente l’altra, incapace di accettare il mancato asservimento oppure l’allontanamento, si produce in ripetute e soffocanti azioni moleste, o addirittura traumatiche, per demolirla psicologicamente, così da appagare la propria ferita narcisistica. 
Una parte significativa delle violenze in famiglia che le donne non denunciano, ha questa genesi.

lunedì 11 febbraio 2013

Elena ed Afrodite



In tema di discredito sociale e biasimo, cioè il disapprovare la condotta di qualcuno, vi è un passaggio dell'Iliade di Omero particolarmente eloquente. Si tratta della comunicazione tra Elena ed Afrodite che avviene sulla torre alta delle mura di cinta di Troia. 

Paride è appena sfuggito ingloriosamente alle ire di Menelao che lo ha affrontato in uno scontro diretto. Afrodite, preoccupata, è intervenuta facendo calare la nebbia in modo da separare i due duellanti e permettere a Paride la fuga. Paride rientra entro le mura della città non visto e si rifugia in casa. A questo punto Afrodite, con le sembianze di una vecchia, si avvicina ad Elena e la invita con decisione a tornare dall'uomo che l'ha portata via da Sparta. Elena così risponde: 

"No, io non andrò là, sarebbe odioso, per servire il suo letto!
Dietro di me le Troiane tutte faranno biasimo: pene indicibili ho in cuore".

Iliade di Omero, Libro III, 410 - 412, Versione di Rosa Calzecchi Onesti, Giulio Einaudi editore Spa - Torino


sabato 2 febbraio 2013

Strumenti inconsapevoli



Come può funzionare una violenza psicologica se perpetrata solo nel periodo lavorativo della giornata, quindi poniamo per circa otto ore, e probabilmente per cinque giorni alla settimana? Sembra non credibile, no?
Una persona mediamente equilibrata riesce a sopportare le aggressioni emotive perpetrate per brevi periodi e le otto ore potrebbero non bastare all’aggressore. Ma la strategia degli psicopatici perversi ha aggirato questo serio ostacolo sfruttando persone totalmente ignare che in gergo chiamiamo “strumenti inconsapevoli”.

Gli strumenti inconsapevoli sono persone non completamente al corrente degli eventi e che, senza averne coscienza, si prestano ad attuare l’aggressione anche al di fuori dell’ambito lavorativo. In passato alcuni sono stati etichettati anche in modo spregevole come “utili idioti”, “burattini senza fili” o nomi simili, ma il concetto non cambia: chi agisce non si rende conto di essere divenuto strumento di violenza in mano altrui. Anzi il più delle volte è convinto di agire nel proprio interesse in tutta libertà.

Potrà sembrare incredibile ma vi garantisco che il meccanismo è il seguente.

In primo luogo la persona da aggredire dev’essere isolata. E’ necessario addossargli delle colpe, dei comportamenti, delle manie, in modo che gli altri la percepiscano  diversa da loro, questo impedirà l’immedesimazione. Una volta isolato l’aggredito perderà progressivamente il supporto sociale, ed egli stesso inizierà a dubitare del suo modo di lavorare, di relazionarsi con gli altri. A questo punto è necessario spargere maldicenze sul suo conto, che non siano eventi completamente abnormi rispetto alla persona, ma utilizzando mezze verità dovrà essere orientata in negativo ogni sua espressione di individualità, ogni suo comportamento etico.

Esempi ne conosciamo tanti: è una poco di buono che non cura i bambini, l’hanno vista con il rossetto impiastricciato in viso e la gonna girata uscire dall’ufficio del capo, si è allontanata in macchina con due uomini mentre era al lavoro, non si lava a sufficienza, ha messo tante volte le corna a suo marito ed ogni occasione non se la lascia scappare, porta sfortuna, ha avuto quell’incarico solo per le sue prestazioni sessuali, ha fatto credere al marito che i figli sono i suoi invece ha un’amante da sempre, non per colpa sua ma poverina non è in grado di svolgere i compiti che gli hanno assegnato, se gli è successo questo qualcosa deve pur aver combinato, e così via.

In altre parole la collettività deve avere dell’aggredita una percezione estremamente negativa, ma con argomenti che possano amplificare convinzioni soggettive già presenti.
Le persone destinate a perpetrare l’aggressione non devono percepire la strategia perversa, perché altrimenti il tutto si riverserebbe in modo negativo contro colui che ha interesse ad esercitare violenza.

A questo punto il gioco è fatto. Perché quale vicina di casa, quale collega di lavoro non finirebbe per confidare l’informazione riservata ricevuta? E con il meccanismo del passaparola si tirano i fili per distruggere la reputazione di una persona scomoda senza che nessuno possa risalire alle vere responsabilità.

Ora, oltre alle aggressioni morali nel luogo di lavoro, la vittima designata dovrà sopportare anche quelle conseguenti al discredito sociale subito. E questo avviene sotto gli occhi della comunità sociale senza che qualcuno si fermi un solo istante a riflettere su cosa stia succedendo a colei che, fino al giorno prima, era considerata unanimemente una degna persona.