domenica 29 novembre 2015

Quale Avvocato





Uno dei problemi che una persona aggredita psicologicamente deve affrontare è quello di trovarsi un Avvocato in grado di comprendere cosa realmente stia avvenendo. Ed è cosa tutt’altro che semplice. I motivi sono diversi. In primo luogo gli Avvocati sono abituati a ragionare per fatti, ciò cercano mentalmente di rappresentare l’evento con il suo insieme di caratteristiche. Questo è un approccio sbagliato che, spesso, si associa ad una personalità sistematica, ovvero con la personalità di chi deve toccare gli oggetti, deve vedere il sangue, deve sentire il rumore dello sparo.

Ma la violenza perpetrata con la strategia delle sistematiche vessazioni, psichiche e morali, è studiata per non lasciare tracce evidenti. 

Quindi, in genere, fin da subito, si crea una situazione di incomunicabilità tra il legale ed il suo potenziale cliente. E non è questione di Diritto, perché esiste una solida giurisprudenza in tema di violenza psicologica e di lesioni psichiche. E’ più una questione legata ad abitudine a trattare eventi di altro tipo, impreparazione, paura di dover andare incontro ad una brutta figura ed a perdere il prestigio professionale.

Questa situazione, purtroppo, pregiudica in grande misura la possibilità di ottenere giustizia tramite azione legale. Ma non è nemmeno la situazione peggiore. In realtà, il problema più grande che la vittima di violenza deve affrontare, è che le sistematiche vessazioni sono la tipica strategia aggressiva delle persone di “potere”. Quando scrivo potere intendo non solo i classici colletti bianchi, le figure dirigenziali o politiche, ma anche tutti coloro che possono far ricorso ad una rete di amicizie e compiacenze altolocate. 

Quindi l’Avvocato che ascolta il racconto della persona vessata, finisce per rappresentarsi una guerra con individui in grado di influire sul suo lavoro, sulla sua tranquillità di individuo e professionista. Ed un conto è confrontarsi con un marito pasticcere psicopatico, geloso, ossessivo, in grado di esercitare un ipercontrollo sulla compagna, un conto è dare battaglia all’uomo di potere, al politico, all’alto funzionario. 

Al momento non ho una soluzione da suggerire. E’ anche vero che, quanto appena descritto, non è una regola, perché esistono Avvocati coraggiosi e bravissimi. Ma sono rari.

Le uniche cose che posso indicare sono: che un giovane neolaureato potrebbe trovare più facilmente una significativa clientela specializzandosi su queste tematiche in ambito penale; che non è una soluzione cercare di forzare la situazione e spingere un legale ad affrontare una tutela in un contesto che non conosce in modo approfondito.

Finirebbe per non credervi o vi abbandonerà alla prima seria difficoltà.


domenica 22 novembre 2015

Una presentazione con le slide dice molto di te




Vi sarà certamente capitato di ritrovarvi in una grande sala semibuia, con un relatore che dovrebbe illustrare l’argomento per cui vi siete svegliati alle cinque di mattina ed avete percorso un centinaio di chilometri in auto.

Siete specialisti di una certa materia ed avete ricevuto un invito ad un Convegno. All’inizio avete anche pensato di rinunciare per i troppi impegni accumulati, poi però avete cambiato idea. Tra i tanti titoli pomposi ed i saluti ufficiali delle autorità, spiccava un argomento che ha catturato la vostra attenzione, una di quelle occasioni in grado di far progredire di molto il vostro bagaglio professionale. Così vi siete iscritti, ed ora, dopo aver pazientato per il parcheggio e per le presentazioni a cui non siete interessati, è arrivato il momento tanto atteso. Il relatore inserisce la chiavetta nel computer e, sullo schermo, appare la prima slide.

Finalmente. Non state più nella pelle. Vi siete anche organizzati con un blocco per gli appunti o un registratore audio. 

Ma, dopo una bellissima prima slide di presentazione, iniziate a percepire una sensazione di disagio che, seppur profonda, non siete in grado di spiegare.

Sta accadendo che le immagini del grande schermo riportano solo una serie di righe con un punto posto all’inizio, su uno sfondo uniforme, normalmente bianco e luminosissimo. 

Una struttura tipo: “ • Migliorare la gestione degli stakeholders in un contesto dinamico”.

Questo modo di presentare una Relazione dice molto della personalità del Relatore stesso. Perché citare gli argomenti in questo modo è estremamente noioso. Dopo poco, anche la persona più interessata, finisce per perdere concentrazione. Perché non siamo di fronte ad una vera presentazione di slide, le immagini non sono state elaborate per il pubblico ma sono una sorta di promemoria per chi parla.

Questa tecnica è tipica di chi desidera restare al centro dell’attenzione per appagare il suo narcisismo.

Non ha importanza l’argomento che sta trattando, che probabilmente ha anche copiato da qualche suo collaboratore; non ha importanza quanto riuscirà a trasmettere al pubblico; non ha importanza il progredire delle conoscenze scientifiche o sociali: un tale Relatore partecipa al Convegno solo per il prestigio sociale, per promuovere la sua immagine. E spesso vi capiterà di ritrovarlo anche in altre giornate di approfondimento, con la sua scatola di battute preconfezionate, con la finta aria di chi la sa lunga sul tema trattato. Ma è tutta scena. 

Colui che ha veramente a cuore il poter dimostrare una nuova teoria economica, una soluzione matematica, i risultati di uno studio di epidemiologia, finirà per arricchire le sue slide con diagrammi cartesiani o a torta, utilizzerà colori brillanti, un linguaggio semplice, immediato. Perché le immagini comunicano molto di più delle parole. E, spesso, sono universali. 

Quindi abbondate con la fantasia. Create riquadri, animazioni, prospettive diverse. Qualunque cosa permetta una migliore comprensione del concetto che intendete illustrare può essere sperimentata. 

Per chi ha da poco terminato gli studi e si sta inserendo nel mondo del lavoro consiglio di dedicare molto tempo ad apprendere una efficace tecnica di comunicazione. Perché anche se siete ricercatori universitari ed avete fatto una importante scoperta scientifica, se non siete in grado di comunicarla con efficacia rischiate di veder vanificato l’impegno profuso.

Chi non è interessato a promuovere la propria persona, ma i risultati del proprio lavoro, lo vedi dalla forma della presentazione, perché è come un biglietto da visita, dice al pubblico chi sei.







domenica 18 ottobre 2015

Fante benemerito




Novara. Sarà stato il 1985 oppure l’anno dopo.
Io me lo ricordo come il Raduno Nazionale degli Alpini, ma non risulta nella cronologia ufficiale.

Ero Ufficiale di picchetto presso una caserma che ospitava gli ex militari. Il giorno dopo avrebbero sfilato per la città. Persone intorno i sessanta anni. Io ventiduenne.
Durante la sera faccio un giro per le camere. Sono li che si raccontano: “Mario quest’anno non c’è”. Mi offrono un bicchiere di vino, ma io sono di quelli che non beve e poi sono armato, devo restare sveglio tutta la notte, la caserma è affidata a me per 24 ore. Erano gli anni del terrorismo. Assaltavano le caserme.

La mattina dopo, appena finita la cerimonia dell’alzabandiera, mi si avvicina un uomo sui settanta anni. Sarà stato alto uno e sessanta. Ben vestito in abiti civili, giacca grigia e cravatta appena con un po’ di colore. Prende un libro e me lo consegna: “Lei deve spedirlo al Tenente Paolo Bianchi”. Io qui scrivo Paolo Bianchi perché non mi ricordo il vero nome, ma lui mi ha dato un nome preciso.

Io gli rispondo: “Mi perdoni, ma come faccio a rintracciare il Tenente?! Ha un indirizzo? Una qualche forma di recapito? Si ricorda in che Reparto prestava servizio? In quale città?”.

Lui: “Giovanotto, eravamo in guerra insieme … lei sa sicuramente come rintracciarlo!”.

Mi ha guardato negli occhi. Con uno sguardo di chi aveva un passato troppo profondo per essere raccontato a parole.

Io: “Ha ragione. Provvedo oggi stesso. Stia tranquillo, ci penso io”.

Nell’impossibilità totale di effettuare una ricerca non me la sono sentita di dirgli che era un gesto insensato.

All’interno del libro c’era una dedica: “Al Tenente Paolo Bianchi con amicizia – Antonio – Fante benemerito”.


Quelli che ben pensano



Sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi a far promesse senza mantenerle mai. Se non per calcolo, il fine è solo l'utile, il mezzo … ogni possibile, la posta in gioco è massima, l'imperativo è vincere e non far partecipare nessun altro. Nella logica del gioco, la sola regola è esser scaltro: niente scrupoli o rispetto verso i propri simili, perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili. Sono tanti, arroganti coi più deboli, zerbini coi potenti. Sono replicanti, sono tutti identici. Guardali, stanno dietro a machere e non li puoi distinguere. Come lucertole si arrampicano, e se poi perdon la coda la ricomprano. Fanno quel che vogliono si sappia in giro fanno, spendono, spandono e sono quel che hanno.

Sono intorno a me ma non parlano con me / Sono come me ma si sentono meglio ...
Sono intorno a me ma non parlano con me / Sono come me ma si sentono meglio ...

E come le supposte abitano in blisters full-optional, con cani oltre i 120 deciBel e nani, manco fosse Disneyland, vivon col timore di poter sembrare poveri, quel che hanno ostentano e tutto il resto invidiano, poi lo comprano, in costante escalation col vicino costruiscono, parton dal pratino e vanno fino in cielo, han più parabole sul tetto che S. Marco nel Vangelo. E sono quelli che di sabato lavano automobili che alla sera sfrecciano, tra l'asfalto e i pargoli. Medi come i ceti cui appartengono. Terra-terra come i missili cui assomigliano. Tiratissimi, s'infarinano, s'alcolizzano e poi s'impastano su un albero, boom! 
Nasi bianchi come Fruit of the Loom che diventano più rossi d'un livello di Doom...

Sono intorno a me ma non parlano con me / Sono come me ma si sentono meglio ...
Sono intorno a me ma non parlano con me / Sono come me ma si sentono meglio ...

Ognun per se, Dio per se, mani che si stringono tra i banchi delle chiese alla domenica. Mani ipocrite, mani che fan cose che non si raccontano, altrimenti le altre mani chissà cosa pensano, si scandalizzano. Mani che poi firman petizioni per lo sgombero. Mani lisce come l’olio di ricino, mani che brandiscon manganelli, che farciscono gioielli, che si alzano alle spalle dei fratelli. Quelli che la notte non si può girare più, quelli che vanno a mignotte mentre i figli guardan la tv, che fanno i boss, che compran Class, che son sofisticati da chiamare i NAS. Incubi di plastica che vorrebbero dar fuoco ad ogni zingara, ma l'unica che accendono è quella che dà loro l'elemosina ogni sera, quando si nascondono sulla faccia oscura della loro luna nera. 


Sono intorno a me ma non parlano con me / Sono come me ma si sentono meglio ...
Sono intorno a me ma non parlano con me / Sono come me ma si sentono meglio ...


Frankie Hi Nrg Mc

1997 – Sony BMG

mercoledì 26 agosto 2015

La testimonianza di secondo grado della polizia giudiziaria





Facciamo un esempio di fantasia. In aeroporto un passeggero si avvicina a due rappresentanti delle forze dell’ordine e racconta di aver visto una persona distesa, probabilmente deceduta, al di fuori della zona ove può muoversi, data la sua condizione di viaggiatore in transito. Nell’impossibilità di intervenire per prestare primo soccorso, avvisa le prime persone che vede in divisa, indicando il luogo preciso ma, anche, di aver visto una persona di corporatura robusta fuggire con le mani insanguinate.


Le forze dell’ordine, nell’impossibilità a loro volta di sapere le reali condizioni della vittima, si precipitano nel luogo indicato e tentano di mantenere in vita la persona che risulta accoltellata. Nonostante tali tentativi ed il tempestivo intervento dei sanitari, il ferito muore.

Nel processo per omicidio che ne consegue emergono delle questioni sulla legittimità della testimonianza della polizia giudiziaria. Il problema che viene sollevato è questo: poiché il passeggero in transito che ha visto direttamente la scena è rimasto non identificato, possono le forze dell’ordine riferire del fatto che sul luogo dell’accoltellamento è stata notata la presenza di un soggetto sospetto con determinate caratteristiche fisiche?

Quando io vedo Mario rubare un tostapane nel negozio di Paolo, posso testimoniare direttamente di questo evento: ho visto io Mario rubare (testimonianza di primo grado). Ma se Adriano mi dice di aver visto lui Mario rubare il tostapane, la mia non sarà una testimonianza diretta, io non ho visto direttamente il comportamento di Mario, a me è stato solo raccontato che il fatto è avvenuto per opera di Mario e nel negozio di Paolo (testimonianza di secondo grado).

Nel nostro ordinamento la testimonianza di secondo grado della polizia giudiziaria non è ammessa.

E, fin qui, la questione è abbastanza semplice. Se hai svolto delle indagini per omicidio, puoi e devi riferire solo di quanto hai personalmente accertato. Senza valutazioni personali.

Ma supponiamo che la relazione delle forze dell’ordine, con la testimonianza indiretta di quanto accaduto, sia stata acquisita da un Giudice per le indagini preliminari, senza che nessuno abbia presentato opposizione per l’inammissibilità dell’acquisizione. E supponiamo che l’Ordinanza di archiviazione del Giudice per le indagini preliminari riporti delle considerazioni espresse proprio partendo da quei dati presenti nella relazione. Cosa succede se l’Imputato in altro processo presenta tale Ordinanza di archiviazione come prova a suo favore per essere scagionato dall’accusa?

Le cose si complicano non poco.

Esaminiamo un aspetto alla volta.

Le informazioni raccolte dalla polizia giudiziaria dal passeggero che ha dato l’allarme, non sono state fissate con un verbale di sommarie informazioni testimoniali, con le modalità di cui all’articolo 351 Codice Procedura Penale, sentendo una persona identificata ed in grado di riferire circostanze utili alle indagini. Questo, ovviamente, perché non c’era il tempo materiale di farlo, essendo prioritario il tentativo di salvare un individuo in estremo pericolo di vita.

La Corte Suprema di Cassazione, sezioni unite penali, con la Sentenza n. 36747 del 24.09.2003, ha affermato che l’articolo 195, comma 4, Codice Procedura Penale, vieta però non solo la testimonianza indiretta della polizia giudiziaria sulle dichiarazioni regolarmente acquisite in sede di sommarie informazioni, ma anche quella sulle dichiarazioni che si sarebbero dovute acquisire con le modalità di cui all’articolo 351 Codice Procedura Penale. Ed, in questo caso, i riferimenti riportati nella relazione riepilogativa acquisita dal Giudice per le Indagini preliminari in camera di consiglio, sono appunto una testimonianza indiretta della polizia giudiziaria su dichiarazioni che si sarebbero dovute acquisire con le modalità di cui all’articolo 351 Codice Procedura Penale.

Si deve anche considerare che, in sede di udienza in camera di consiglio, la polizia giudiziaria non viene invitata. Quindi i funzionari non possono descrivere a voce lo sviluppo delle loro indagini, né possono essere interrogati dalla controparte in sede di controesame. Il Giudice per le indagini preliminari può solo leggere i documenti ove tale descrizione è stata riportata.

Inoltre l’articolo 238-bis Codice Procedura Penale, disciplina il valore dimostrativo da attribuire alle decisioni divenute definitive in un altro procedimento penale, stabilendo “Fermo quanto previsto dall’articolo 236, le sentenze divenute irrevocabili possono essere acquisite ai fini della prova del fatto in esse accertato e sono valutate a norma degli articoli 187 e 192 comma 3”. Quindi solo le Sentenze divenute irrevocabili, o per le quali non è più proponibile alcun mezzo ordinario di impugnazione, possono essere acquisite esclusivamente “ai fini della prova del fatto in esse accertato”, ed unicamente se ricorrono le tassative condizioni previste dal combinato disposto degli articoli 187, e 192 comma 3, Codice Procedura Penale che il Giudice deve obbligatoriamente valutare.

L’articolo 125, comma 1, Codice Procedura Penale statuisce poi: “La legge stabilisce i casi nei quali il provvedimento del giudice assume la forma della sentenza, dell’ordinanza o del decreto”. Rispetto alla Sentenza, il Decreto e l’Ordinanza si caratterizzano per essere provvedimenti non definitori.

Per inciso, la logica di consentire l’acquisizione delle sentenze divenute irrevocabili in altro procedimento, è quella di “non disperdere elementi conoscitivi acquisiti in provvedimenti che hanno comunque acquistato autorità di cosa giudicata, fermo restando il principio del libero convincimento del giudice” (cfr. Corte Suprema di Cassazione, sezione II penale, Sentenza n. 6755 del 19.05.1994); ovvero quella di “evitare di dover provare, di volta in volta, un fatto già accertato” (cfr. Corte Suprema di Cassazione, sezione VI penale, Sentenza n. 3396 del 02.03.1998). Si pensi alla dimostrazione in aula di giustizia dell’esistenza diffusa del fenomeno della corruzione nei pubblici uffici.

Tuttavia, intervenendo in una fattispecie nella quale la Sentenza irrevocabile era stata acquisita ai sensi dell’articolo 238-bis Codice Procedura Penale anche al fine di utilizzare, quali prove, dichiarazioni rese da ufficiali di polizia giudiziaria in ordine a quanto loro riferito da terze persone (dichiarazioni che, dunque, alla luce del novellato testo dell’articolo 195, comma 4, Codice Procedura Penale, non avrebbero potuto essere rese nel procedimento ricevente, iniziato successivamente alla modifica operata con la Legge n. 63 del 01.03.2001), la Suprema Corte ha negato tale possibilità ed affermato che l’articolo 238-bis “deve essere interpretato in modo da non porsi in contrasto né con l’articolo 111 della Costituzione né con l’articolo 238 Codice Procedura Penale” giacché, diversamente, “si eluderebbe il principio del contraddittorio sancito dall’articolo 111 della Costituzione, ammettendone una deroga non espressamente annoverabile tra quelle previste dalla Costituzione (cfr. Corte Suprema di Cassazione, sezione III penale, Sentenza n. 8823 del 13.01.2009).

Quindi il tentativo dell’imputato di utilizzare in altro processo una Ordinanza di archiviazione contenente testimonianze di secondo grado della polizia giudiziaria, per scagionare se stesso, deve essere sempre rigettata dal Giudice.

Allo stesso modo quell'Ordinanza non può essere nemmeno utilizzata come prova di colpevolezza. Perché l'Imputato magari non era nemmeno presente nella convocazione in camera di consiglio.



lunedì 22 giugno 2015

Non sono così ingenuo



Uno dei modi per comprendere chi, realmente, opera onestamente, secondo degli ideali, oppure se veramente prova amore per noi, è quello di lasciarlo libero di agire come meglio crede.


Questo post è scritto al maschile per semplicità, ma lo stesso ragionamento vale per una donna.

Ci sono molti modi di comportarsi quando si conosce una nuova persona. Potrebbe essere un nostro nuovo cliente, una persona interessata alle nostre opere d’arte, un artigiano che ci deve realizzare il cancello del giardino, la nuova maestra di nostra figlia, il nuovo vicino di casa, il nostro nuovo consulente strategico per indirizzare le iniziative commerciali … in definitiva un nuovo individuo con cui dobbiamo interagire. Non conosco una regola sempre valida e, sono convinto, che ognuno agisce per un quaranta percento in base alle esperienze avute, e per il sessanta percento in base alla propria personalità.

Abbiamo la prima impressione che ci aiuta, è vero, ma ci sono individui che sanno come dare un’ottima immagine iniziale di se stessi, chi realmente sono lo scopri solo dopo.

Cosa fare?

Io, personalmente, ho una strategia.

A mio modo di vedere è necessario elaborare il giusto mix tra fiducia incondizionata ed atteggiamento in grado di recuperare la situazione nel caso degeneri.

In altre parole preferisco lasciare libera l’altra persona di parlare, di comportarsi, di agire, sempre in un ambito ristretto al punto di accettare un eventuale danno limitato. E’ una strategia potenzialmente dannosa, ma è un rischio calcolato. Il vantaggio enorme è però quello di comprendere fin da subito con chi hai a che fare. Prima di un matrimonio, prima di un accordo commerciale, prima di iscrivere una figlia a scuola, prima di prenotare un viaggio. Perché le persone, spesso, non aspettano altro di poter disporre a piacimento della tua fiducia, conquistandola a piccole dosi, solo per poi ritrovarti un coltello infilato nella schiena quando vai a toglierti la giacca.

Accettando un piccolo danno limitato che, beninteso, non è detto che si verifichi perché magari abbiamo trovato una brava persona, possiamo prevenirne uno più grande.

E se le cose dovessero invece andare male, se il nostro interlocutore dovesse mostrare la sua vera natura mordendoci alla giugulare, possiamo sempre fermarlo subito dopo il danno limitato, per fargli capire che non siamo così ingenui da non aver capito la sua strategia.





sabato 13 giugno 2015

Il mobbing come strumento per il cambiamento




Grande Banca di investimento di fantasia. Una delle poche che non ha risentito molto della crisi finanziaria globale esplosa nel 2008.

All’interno della struttura esiste un Consiglio di Sicurezza, ovvero un comitato segreto di alti dirigenti che ha il compito di esaminare l’integrità morale delle figure di vertice. Lo scopo è autotutelare l’Istituto da possibili scalate di gruppi di potere o organizzazioni settarie in grado di disgregare le risorse e mettere in pericolo migliaia di posti di lavoro. 

Il Consiglio di Sicurezza oggi è riunito per valutare il comportamento di Brydon, un dirigente di origine australiana dal brillante curriculum, che sta rapidamente salendo di importanza e considerazione all’interno di una sede periferica. 

Per contestualizzare l’insieme degli eventi il relatore ricorda come, negli anni intorno al 2000, la Banca si sia trovata a dover affrontare un mercato fortemente instabile. Le scelte strategiche attuate allora sono state pensate in un clima di forti tensioni, ove certi soggetti, spregiudicati calcolatori, stavano per avere la meglio. In questa situazione alcuni manager hanno avuto l’opportunità di progredire nella carriera in modo estremamente rapido, perché era nata l’esigenza di sostituire altre figure che, per i motivi più svariati, avevano di fatto lasciato l’Istituto. 

Si era creato, quindi, un clima di urgenza. Erano necessari rapidi cambiamenti nei ruoli di potere.

Questo clima, ove le decisioni venivano prese senza poter contare su un insieme completo di informazioni, ha certamente impedito un’approfondita analisi; così certi ruoli di primo piano sono stati assegnati più sull’onda emotiva conseguente alla reale paura che aveva pervaso l’intera organizzazione.

Anche i principali clienti dell’Istituto avevano confermato queste necessità.

Così Brydon, appena ricevuto il nuovo incarico di responsabilità, a lui affidato per aver dimostrato una certa professionalità nel gestire le situazioni problematiche, ha immediatamente operato su due principali direttrici: ha creato e valorizzato una squadra di collaboratori fidati ed ha stretto alleanze forti con altri dirigenti suoi parigrado.

Brydon ha convinto questi suoi fidati collaboratori della necessità di un cambiamento guidato. Lui avrebbe provveduto a valorizzarli economicamente ed a procurargli ruoli di formale coordinamento, in cambio del loro appoggio nel far accettare le sue direttive al resto della comunità lavorativa. Nel portare avanti questo condizionamento, Brydon ha coinvolto anche sul piano emotivo persone di diversa estrazione professionale, proponendo idee legate all’etnocentrismo ed alla fede politica. Lo scopo, nemmeno tanto nascosto, è stato quello di orientare l’attività in una direzione il più possibile favorevole alle sue ambizioni di carriera. 

Nello scegliere i collaboratori il dirigente non ha pensato alle persone più preparate professionalmente, ma ha individuato coloro maggiormente in grado di influenzare il comportamento dei loro colleghi. Non importa come.

Una volta organizzatosi Brydon ha iniziato a produrre report dell’attività finanziaria svolta. Ed in questo si è distinto in modo significativo poiché gli ottimi risultati numerici sono apparsi subito evidenti. Sono emerse anche delle anomalie, come una più marcata conflittualità negli uffici da lui diretti ed un più alto tasso di assenze per malattia, ma nessuno ha dato peso a queste rilevanze minori.

Gli stretti collaboratori di Brydon sono stati in grado di interagire con decisione perché è stata fornita loro una precisa strategia, una vision, una direttrice che li ha di fatto lasciati liberi di agire sul piano tattico per orientare i comportamenti anche di coloro che non avevano inizialmente apprezzato le nuove direttive. Contemporaneamente è stata garantita loro copertura in caso di azioni legali o rivendicazioni amministrative.

Per meglio gestire questo rapporto diretto, il dirigente ha sovente invitato a cena a casa sua questi suoi diretti aiutanti.

Ma, a questo punto, il Consiglio di Sicurezza non può fare a meno di osservare che la strategia per la scalata gerarchica di Brydon ha poi preso una piega criminale. Infatti il dirigente ambizioso ha di colpo deciso di eliminare gli ostacoli al cambiamento facendo attuare la strategia delle sistematiche vessazioni, psichiche e morali, nei confronti di coloro che avevano iniziato a scoprire le reali motivazioni del suo agire: Brydon è un narcisista estremo con tratti di perversione ed è solo interessato ad acquisire potere.

Così molti suoi collaboratori si sono decisi ad ottenere un trasferimento in altra sede. Alcuni si sono addirittura licenziati ed un numero ancora più ristretto ha consultato un legale per richiedere un risarcimento danni alla Banca.

Brydon ha dato mandato ai suoi coordinatori di agire per umiliare gli oppositori, per dequalificarli, per isolarli, per spingerli ad allontanarsi. Per supportare questa iniziativa ha creato degli obiettivi a breve termine per dimostrare qual era il lato “giusto” della strada da percorrere. Infatti i suoi sorveglianti-attivisti sono stati tutti promossi ed hanno avuto un significativo incremento nella retribuzione. 

Le trame di Brydon hanno però creato una sostanziale situazione di stallo. I lavoratori hanno smesso di impegnarsi apportando la loro naturale creatività nello svolgere l’attività quotidiana, e molti di loro hanno iniziato ad attuare la strategia dell’ubbidienza maliziosa, ovvero applicano alla lettera le procedure aziendali limitando, di fatto, il naturale e rapido svolgimento della professione.

Brydon di conseguenza ha quindi deciso di falsificare i report finanziari per nascondere il suo sostanziale fallimento.

Ora spetta al Direttore Generale prendere una decisione …




lunedì 1 giugno 2015

Al ragnetto che si nasconde nel mio garage



Caro ragnetto che ti nascondi nel mio garage, ti prego di andare via.
Lo dico per il tuo bene. Ti prego di credermi. Non è il posto adatto a te.

In primo luogo, per la maggior parte dei mesi dell’anno, è un ambiente freddo ed umido. Quindi con un microclima pessimo. Poi è anche molto rumoroso, non solo perché talvolta potrai sentire il rombo cupo del mio bolide rosso, ma anche per l’attività delle ragazze che abitano al primo piano, impegnate a tutte le ore del giorno e della notte.

Non ti nascondo anche che, per forza di cose, sono costretto a conservaci sostanze chimiche nocive come l’acido solforico per il rabbocco delle batterie. Ed anche i gas che fuoriescono dal tubo di scappamento della fuoriserie, oltre ad essere tossici, sono sospetti cancerogeni. 

Ti posso anche assicurare che, in oltre venti anni, non ci ho mai visto volare una mosca, moriresti di fame.

Cerco di dirti queste cose per il tuo bene. Perché sono tuo amico. Perché non c’è motivo di farti la guerra. Diversamente vorrei farti notare la mia superiore potenza di fuoco. Oltre ad una sciabola ed ad alcuni coltelli da cucina che potrebbero rivelarsi comunque utili, posseggo un Arco composito da 45 libbre completo di frecce in alluminio e carbonio, nonché una Pistola semiautomatica Beretta calibro 9x21mm con puntatore laser e due caricatori bifilari con cartucce a proiettile blindato. Nella malaugurata ipotesi che tu dovessi resistere ad uno scontro a fuoco ti avverto, tramite il web, mi posso sempre procurare un Fucile automatico da assalto M16A1.

E, se tutto questo non dovesse bastare, ti prego di credermi, posseggo l’arma finale che nemmeno gli armamenti fotonici della serie fantascientifica Star Trek potrebbero fermare: … l’aspirapolvere!


sabato 23 maggio 2015

Movimentate riunioni di servizio



C’è un luogo, nello spazio e nel tempo, ove la personalità autoritaria, il narcisista patologico, lo psicopatico perverso, da il meglio di se: la riunione di servizio.

La riunione di servizio è, in generale, il momento ove una piccola comunità lavorativa affronta dei temi in modo approfondito, così da evidenziare criticità o innovazioni, al fine di avvalersi della possibilità di ottenere decisioni operative maggiormente efficaci, sfruttando la partecipazione del numero più grande possibile di persone in grado di portare il loro contributo di preparazione, creatività ed esperienza.

Io ho una preparazione in Astrofisica e, a soli 22 anni, sono appena arrivato in questo gruppo di lavoro che costruisce macchine per imballaggi industriali; potrò contribuire in base alla mia freschezza mentale, in base al fatto che non sono legato a consuetudini, a schemi mentali sbagliati quanto ripetitivi. Lui invece ha fatto sempre l’Elettricista, da quanto aveva 14 anni; potrà contribuire in base alla sua preziosa esperienza pratica. L’altro ancora ha un Diploma di Meccanico ed ha fatto continuamente corsi di aggiornamento sulle macchine industriali; è la persona che ha la maggiore competenza tecnica teorica e, per questo, il suo contributo sarà altrettanto prezioso.

Funziona così.

Questa è, però, quella realtà che si racconta nei convegni e seminari, nei corsi di formazione. Nei fatti accade sempre altro.

La riunione di servizio è, soprattutto, il momento in cui gli individui mostrano l’appartenenza ad una determinata fascia gerarchica aziendale. A volte, nelle sale ove avvengono le riunioni, ci sono più porte di accesso, alcune delle quali ad uso esclusivo del personale dirigente. 

In generale, il vero argomento in discussione, è il “potere”.

Farò un solo esempio, perché l’argomento è estremamente vasto, e non è possibile in poche righe analizzare tutte le dinamiche possibili.

Supponiamo che siamo stati coinvolti in una nuova attività nel reparto produzione e che abbiamo scoperto delle importanti mancanze nella qualità del prodotto, tali da poterne vanificare la possibile affermazione sul mercato, quella costosa affermazione che l’ufficio commerciale ha pianificato con cura e professionalità. E’ troppo semplice pensare che, esponendo con semplicità le carenze e gli errori nella riunione di servizio, verranno immediatamente prese delle iniziative per l’eliminazione dei difetti ed il conseguente miglioramento della qualità del prodotto. Talvolta, chi ha un ruolo di responsabilità nell’evento, percepisce tale esposizione come un attacco ingiusto alle proprie capacità, finalizzato a toglierli potere.

Tipicamente, in questi casi, il soggetto che si sente aggredito reagisce negando anche l’evidenza; poiché è intollerante alle critiche utilizzerà la dialettica per non permettere alla persona coscienziosa di parlare. Questi soggetti che puntano solo alla valorizzazione della propria persona, anche se questo dovesse portare alla distruzione commerciale dell’unità produttiva, sono sovente manipolativi nei confronti degli altri, cercano di coinvolgerli rappresentando loro una ben diversa realtà, mentendo spudoratamente senza alcuna esitazione né rimorso. 

Nella quasi totalità dei casi, è la persona razionale, coscienziosa e coraggiosa, che finisce per essere colpevolizzata per aver presentato evidenze ritenute inesistenti, quando non denigrate o ridicolizzate. 

Purtroppo non viviamo in un mondo giusto. Anche se siamo portati a credere che, prima o poi la verità verrà fuori ed i malvagi verranno riconosciuti per ciò che sono, nei fatti ciò raramente avviene. Perché il narcisista patologico, il bugiardo sistematico, continueranno la loro opera di mistificazione ed inganno.

Solo un manager avveduto, un grande datore di lavoro, un responsabile di progetto capace possono riconoscere le strategie di potere che bloccano lo sviluppo e fermare in tempo questi disastri annunciati. E’ per questo che, costoro, andrebbero retribuiti bene; perché la loro professionalità tutela i posti di lavoro, il futuro dei lavoratori, la continuità dell’azienda, dell’impresa.


sabato 9 maggio 2015

L’accusa tipica: Hai un carattere rigido! - Seconda parte




Nel precedente post abbiamo visto come, se sei una campionessa di pattinaggio artistico, inevitabilmente finisci per divenire estremamente precisa nei tuoi movimenti. Potrebbe non essere una caratteristica innata della persona, ma diviene una necessità per ottenere risultati. E la stessa precisione sei costretta a pretenderla con decisione dall’atleta che pattina sul ghiaccio insieme a te e ti solleva in certe figure.

E’ la funzione, la mansione che lo richiede. Non si capisce come potrebbe essere diversamente. Per cui non è la persona ad essere realmente rigida, ma è il ruolo che lo impone.

Facciamo altri esempi. Prendiamo in esame un carattere particolarmente deciso, inflessibile, orgoglioso, che non si lascia influenzare, che non cede alle lusinghe perché ha dei valori. 

Anche qui è necessario fare delle precisazioni. Ci sono individui che costruiscono intorno a loro una sorta di barriera; fanno sapere a tutti che la loro decisione, giusta o sbagliata che sia, resterà inamovibile. Poi ci sono persone che sono anche disposte a cambiare le loro convinzioni profonde, ma prima attendono la dimostrazione di questa nuova tesi. Entrambi, ad un’analisi superficiale, appaiono rigidi, irremovibili, determinati, ma il primo ha costruito la propria rigidità per difendere una struttura di personalità fondamentalmente fragile, se non masochista. Il secondo, al contrario, difende le proprie idee, i propri valori, perché li ritiene profondamente giusti per lui e per il resto della comunità sociale.

Il primo non può cedere, perché crollerebbe insieme all’impalcatura che ha realizzato e finirebbe per accettare una indecorosa sottomissione, la perdita di una libertà solo immaginata. Il secondo si rifiuta di cedere, perché un combattente non si arrende alla prima difficoltà e non rinuncia alla sua vera libertà.

Entrambi hanno un comportamento fortemente controllato. In buona parte per non offrire la giugulare agli approfittatori. 

Perché rappresentano un problema per la personalità psicopatica? 

Perché lo psicopatico manipolatore non ammette di poter fallire nelle sue iniziative. Quindi, quando ottiene un rifiuto, un abbandono, un allontanamento, egli subisce una ferita narcisistica che lo spinge a provare un odio profondo nei confronti dell’altro. Per lo psicopatico perverso non è accettabile che esista un modo diverso di vedere la realtà; tutto deve ruotare intorno a lui, non sono ammesse alternative o perdite di potere.

Oltre a ciò, lo psicopatico non arriva a comprendere le differenze tra queste due personalità. Per lui, chi non accetta la sottomissione indebita, è uno che si contrappone e basta. Un incapace. Uno che non sa fare i propri interessi, che non sa cogliere l’occasione per la scalata sociale. Un perdente. E lo classifica rigido, perché non prende nemmeno in considerazione la possibilità che sia lui la banderuola, quello che si orienta a secondo di come tira il vento.


domenica 3 maggio 2015

L’accusa tipica: Hai un carattere rigido! - Prima parte




Quando si è vittime della guerra perpetrata con la strategia delle sistematiche vessazioni, psichiche e morali, attuata per motivi di lavoro, ci si sente tipicamente accusare di avere un carattere rigido.


Ovviamente lo psicopatico non ha nemmeno idea di cosa si intenda per “carattere rigido”, ma la sua accusa serve ad incolpare la vittima per distogliere da se l’attenzione e per giustificare implicitamente ogni sua iniziativa. E’ esattamente la stessa accusa tipica che gli stupratori usano per giustificare la violenza esercitata: E’ stata lei a provocare – Era consenziente.

Ma chi ha realmente un carattere rigido?
Facciamo alcune ipotesi di lavoro.

Non tutte le attività professionali sono uguali. Ci sono lavori in cui la componente di creatività è estremamente ampia. Immaginiamo un artista, un regista di teatro, un poeta, una scrittrice, una persona che si occupa di addobbi floreali, un cuoco, un architetto; è intuitivo considerare le loro professioni esercitabili con una importante quota di libertà di iniziativa, di libertà di espressione, di inventiva.

E’ bene fare subito una distinzione: per quanto posso immaginare non esiste una professione totalmente priva di vincoli, di regole che devono essere necessariamente rispettate.

Se sei un artista devi considerare comunque che il marmo che scolpisci non è un materiale ideale; ha delle caratteristiche di resistenza che impongono delle regole, altrimenti l’opera va in frantumi. Un regista di teatro deve comunque rispettare delle regole di comunicazione, deve rispettare il testo dell’autore, deve rispettare i tempi, deve saper organizzare la rappresentazione. Il cuoco può creare tutti i piatti che la sua fantasia gli suggerisce, ma deve comunque disporre di cibi freschi o correttamente conservati, altrimenti l’alimento potrà anche avere un buon sapore, ma rischierebbe di essere nocivo. L’architetto può organizzare lo spazio come vuole, ma non può ignorare le leggi della fisica.

Poi ci sono lavori che, per forza di cose, impongono una professionalità che si esprime in gran parte con la precisione, la fermezza, la decisione nel prendere iniziative, la severità.

Se sei giudice di gara, non puoi applicare le regole condivise con due pesi e due misure, perché non metteresti i concorrenti nelle medesime condizioni. Allo stesso modo se sei un giudice in tribunale devi applicare la legge in modo uguale per tutti. Se sei pilota d’aereo non puoi ignorare le frasi codificate e le procedure rigide che vigono in tutti gli aeroporti del mondo; l’incidente di Tenerife ha dimostrato quanto è importante per la sicurezza una frase pronunciata in un modo leggermente diverso da quello atteso. E la stessa cosa vale anche per una quantità straordinariamente grande di professioni, ad esempio per chi svolge una professione sanitaria, per chi insegna matematica, per le forze dell’ordine, per chi fa ricerca ad alto livello oppure chi impiega esplosivi.

Se per un artista, o un architetto, la flessibilità di pensiero è una qualità a cui ricorrere, la stessa caratteristica potrebbe essere di nessuna utilità per chi deve seguire una procedura codificata. Per cui certi comportamenti inflessibili non sono necessariamente negativi, anzi, talvolta sono proprio una caratteristica positiva. Ci mancherebbe altro che mi venga contestata una contravvenzione per una violazione che, ad altri, viene tralasciata.

Quello che infastidisce il narcisista manipolatore è la fermezza di chi non piega la schiena, di chi rifiuta l’assoggettamento indebito, di chi non si lascia condizionare. E, poiché lui è estremamente flessibile per poter cogliere ogni opportunità a suo vantaggio, non comprende le posizioni di principio.


domenica 26 aprile 2015

Un amore condizionato - II parte



Per chi ha già ascoltato la Lezione del Professor Luciano Marchino "Corso di Psicologia clinica - 10 - Il tema narcisistico e il tratto psicopatico" dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca, qui viene riproposta la seconda parte della medesima lezione.

Di seguito il link



Un amore condizionato - I parte




Pur essendo un amante della tecnologia, solo da poco tempo ho scoperto la possibilità di raccogliere informazioni qualificate dal Web con il canale YouTube.

Suggerisco la possibilità di seguire la Lezione del Professor Luciano Marchino "Corso di Psicologia clinica - 10 - Il tema narcisistico e il tratto psicopatico" dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca.

Di seguito il link




sabato 18 aprile 2015

Non sei all’altezza dell’incarico





Siamo in un Paese non appartenente all’Unione Europea. I due protagonisti della vicenda sono Alejandro e Francisco.

Alejandro è Ingegnere meccanico. Lavora presso il Laboratorio nazionale da circa sei anni. Ha avuto precedenti esperienze lavorative che enfatizza ogni volta che ha necessità di affermare la sua professionalità. Burocrate per mentalità. Segue procedure farraginose ed inefficaci che lui stesso inventa. Inconcludente. Si domanda spesso “perché dovrei farlo?”. E’ generalmente considerato una delle persone più professionalmente preparate nel suo ambiente.

Francisco è laureato in Matematica. Lavora presso il Laboratorio nazionale da circa 20 anni. Ha avuto precedenti esperienze lavorative ma che non racconta quasi mai perché mette continuamente in discussione egli stesso la sua professionalità. Innovatore per mentalità. In caso di necessità ignora deliberatamente le procedure. Porta sempre a termine le sue iniziative. Si domanda spesso “perché no?”. E’ generalmente considerato una delle persone più professionalmente preparate nel suo ambiente.

La struttura operativa è un Laboratorio voluto dal governo del Paese per fare fronte alle esigenze di sicurezza e salute dell’ambiente e del territorio. La piccola repubblica ha una consistente voce di entrate nel turismo. Una natura lussureggiante e spiagge bianchissime sono meta di turisti soprattutto della fascia 30 ÷ 50 anni.

Da sempre, una delle aziende che viene controllata con attenzione, è la raffineria di petrolio. Si tratta di una impresa nazionalizzata che ha un importante ruolo strategico nell’economia. 

Alejandro, nel Gennaio 2012, richiede al direttore della raffineria la documentazione sulla valutazione dell’emissione del rumore. Poiché l’azienda è continuamente in evoluzione ed ammodernamento, quando gli viene consegnata una valutazione vecchia di cinque anni, Alejandro ne chiede una più aggiornata. Obbedendo all’istanza, il datore di lavoro ne fa preparare una aggiornata che Alejandro puntualmente riceve. Ma, a questo punto, per una serie di fermi attività programmati, le lavorazioni vengono sospese per mesi ed il documento sul rumore emesso viene archiviato in un cassetto.

Nel Giugno 2012 una parte significativa della raffineria viene riattivata fino al mese di Ottobre 2012. Poi altre quattro settimane di fermo per la sostituzione delle apparecchiature informatiche della sala di controllo dell’impianto. A Dicembre viene effettuato il collaudo. A Gennaio 2013 Francisco, nell’ambito del suo mandato istituzionale, si presenta in azienda per verificare come sono state modificate alcune procedure organizzative. Lo scopo di Francisco è migliorare le condizioni di sicurezza e salute dei lavoratori.

E’ così che Francisco si allarma perché, sebbene le procedure siano sostanzialmente corrette, alcune lavorazioni risultano oltremodo rumorose. Anche inutilmente rumorose. Ma per avere dei riscontri precisi è necessario realizzare delle misure strumentali. Così Francisco ne parla alla riunione settimanale del personale del Laboratorio e Alejandro si offre lui di realizzarle. 

Ma, nella data che Alejandro ha concordato con altri suoi colleghi, ha un impegno imprevisto extralavorativo e la sessione di misure strumentali viene rinviata. 

Francisco resta perplesso per questa defaillance perché, se anche Alejandro ha avuto un contrattempo, non c’è nessuna necessità di essere in quattro persone per svolgere dei rilievi fonometrici. Quindi Francisco prende lui l’iniziativa nel timore che tutto finisca alle calende greche. Sebbene in passato abbia realizzato molte volte misure di questo tipo, di recente il Laboratorio ha sostituito gli strumenti obsoleti con nuove apparecchiature aventi caratteristiche di funzionamento diverse. Così Francisco ha necessità di studiare ed esercitarsi per svolgere al meglio l’iniziativa. Inoltre la raffineria è composta da diversi impianti con innumerevoli piccoli processi che, necessariamente, devono essere esaminati nelle molteplici e complesse lavorazioni in cui vengono coinvolti. Si tratta di programmare almeno dieci settimane di misure. I cicli produttivi hanno i loro tempi, Francisco non può far altro che adeguarsi. Così, nel registro che attesta la prenotazione degli strumenti di misura che verranno portati all’esterno, riporta la data di acquisizione del fonometro, ma non può indicare quando lo restituirà per renderlo utilizzabile ad altri.

Fin da subito le perplessità di Francisco si mostrano più che fondate. Il documento che Alejandro ha tenuto in un cassetto riporta valori di rumore molto più bassi di quelli realmente presenti nel luogo di lavoro. Il rischio per i lavoratori ed il disagio per la popolazione sono stati sottostimati.

A questo punto Alejandro inizia ad assumere atteggiamenti aggressivi. Prende accordi con altri tecnici per rendere loro disponibile lo strumento di misura utilizzato da Francisco, ben sapendo che è stato regolarmente prenotato. Il pretesto è che, non essendo presente nel registro la data di riconsegna, il fonometro deve essere considerato restituito nello stesso giorno. Ovviamente Francisco contrasta verbalmente questa assurda pretesa, perché il registro è stato predisposto proprio da Alejandro che, da incurabile burocrate, non si rende conto che, per attività complesse, non si può sapere in anticipo quando le misure saranno sufficienti a delineare la gravità del rischio.

In ogni caso, a fronte del comportamento aggressivo di Alejandro, Francisco acconsente di restituire l’apparecchiatura ma solo per alcuni giorni. 

Nonostante ciò avviene un altro evento spiacevole. Circa a metà Marzo 2013 Alejandro incrocia Francisco sulle scale del Laboratorio e lo aggredisce verbalmente:

Alejandro - “Il tuo modo di comportarti, di prelevare la strumentazione, è gravemente scorretto! Oggi il fonometro serviva a me e non l’ho trovato!

Francisco – “Ti ho già spiegato cosa sto facendo. Era un impegno che ti eri preso tu, ma che non hai svolto.

Alejandro – “Ma che stai dicendo?! Tu sei impazzito!

Francisco – “In ogni caso ho necessità di lavorare in pace, senza queste tue continue lamentele. Appena avrò finito potrai fare tutte le misure che vuoi. Sono sei anni che utilizzi questo strumento e nessuno ti ha mai intralciato, adesso serve a me per tre mesi e sei sempre a creare problemi.

Alejandro – “Spero per te che tu lo sappia usare! Quando te l’ho mostrato la prima volta, non sapevi nemmeno qual’era il pulsante per accenderlo!”. 

L’ultima frase Alejandro la pronuncia mentre scende di corsa le scale per non dare modo a Francisco di replicare.

Ulteriore riunione di servizio ove Francisco illustra i progressi del suo lavoro. Alejandro si mostra stranamente collaborativo e lo invita a rivolgersi a lui per l’elaborazione dei dati strumentali poiché, sostiene, di avere una significativa esperienza nell’argomento maturata, guarda caso, nelle precedenti esperienze lavorative, prima di essere stato assunto al Laboratorio. Caratteristica di queste meravigliose esperienze, è che non sono in alcun modo verificabili. 

Francisco, con una laurea in matematica, non ha alcuna intenzione di mostrarsi non all’altezza della situazione.

Quando Francisco ha ritirato la strumentazione ha chiesto se qualcuno aveva mai collegato il fonometro al computer. Nella dotazione sono presenti una chiavetta USB contenente un codice, un cavo per le connessioni informatiche RS232, ed un CD con un software per il trasferimento dei dati dalla memoria dello strumento di misura alla memoria di massa del computer. Ci sono, ma nessuno ha mai realizzato questo collegamento. Ufficialmente la configurazione non è realizzabile perché è andato perso il certificato di acquisto con il codice di abilitazione del software. Così Francisco si attiva con il fabbricante della strumentazione per poter avere un duplicato o, comunque, per risolvere il problema. Sebbene la richiesta viene inoltrata subito, a fine Aprile 2013 non si ha ancora alcuna risposta.

E’ così che Francisco, a completamento delle misure realizzate, realizza delle slide da far vedere al personale della raffineria per suggerire modifiche tecniche ed organizzative alle attività. 

A lavoro completato, ed in assenza di una comunicazione da parte del fabbricante del fonometro, Francisco si adopera per l’ultima cosa rimasta da sistemare. La sua attenzione viene attratta dal fatto che il software per il trasferimento dei valori misurati al computer non è aggiornabile. Strano. Oggi ogni applicativo ha una funzione per controllare possibili aggiornamenti. Addirittura il televisore da appartamento è gestito da un software aggiornabile tramite internet, com’è possibile? E così scopre che il programma contenuto nel CD è vecchio di dieci anni, perché il fabbricante rende disponibile l’aggiornamento tramite un nuovo software scaricabile gratuitamente nella pagina web aziendale. Infatti, scaricato il programma e collegato il fonometro, l’applicativo riconosce la codifica contenuta nella chiavetta USB e si mostra perfettamente funzionante.

Ora a Francisco resta da prendere una decisione: come comportarsi? Tenere per se l’informazione? Rendere partecipi i suoi colleghi dell’evoluzione raggiunta includendo anche Alejandro che lo ha accusato di non essere nemmeno capace di accendere lo strumento di misura? Perdonarlo o fargliela pagare?

Francisco decide che, in definitiva, se dà ad Alejandro quello che si merita, finirà per penalizzare le persone esposte ai rischi nei luoghi di lavoro. Così realizza una serie di istruzioni illustrate con delle fotografie, per poter indicare al meglio come effettuare il collegamento fonometro-computer e scaricare i valori misurati. Le istruzioni le invia a tutti i colleghi tramite posta elettronica.

In fondo Francisco ha dimostrato a se stesso di essere all’altezza del compito. E’ soddisfatto per aver fatto un ottimo lavoro. Ancora una volta ha rimandato al mittente i tentativi di discredito professionale. Ma non dimentica.


lunedì 6 aprile 2015

Un mosaico per dimostrare come funziona il Mobbing



Nell’aula universitaria si abbassano le luci. Il Professore accende in successione il proiettore ed il computer portatile. Dopo una ventina di secondi appare l’immagine proiettata sullo schermo. Oggi lezione sulle macchine in uso nei cantieri e su come migliorare la loro sicurezza.

Nelle slide sono presenti immagini di macchine per lo scavo, il caricamento ed il trasporto di terreno. Il Professore illustra che una “macchina” non è altro che un insieme equipaggiato o destinato ad essere equipaggiato di un sistema di azionamento diverso dalla forza umana o animale diretta, composto di parti o di componenti, di cui almeno uno mobile, collegati tra loro solidamente per un'applicazione ben determinata. 

E così vengono mostrati Escavatori cingolati e ruotati, Pale caricatrici, Perforatrici per pali di grandi dimensioni, Pompe per il conglomerato cementizio, ed altre attrezzature intercambiabili in grado di modificare almeno in parte il funzionamento di una macchina.

Ma oggi l’insegnante ha preparato una sorpresa.

Esiste un software, disponibile in Internet, che permette elaborazioni grafiche spettacolari. E’ possibile prendere come riferimento una immagine di un paesaggio, oppure di una città, di un porto, di una persona, di un evento sportivo, di una qualsivoglia struttura ed, il software, utilizzando un insieme di immagini liberamente scelte, è in grado di realizzare un mosaico le cui tessere riproducono l’immagine di riferimento. In realtà la composizione risultante da un’illusione dell’immagine complessiva, perché ingrandendo si vedono bene le tessere utilizzate. Ma questa ulteriore funzione ha suggerito un’idea al docente: dimostrare agli studenti come è strutturata quella fase definita “reiterazione delle azioni ostili inquadrabili come una forma di terrorismo psicologico (mobbing)” della violenza perpetrata con la strategia delle sistematiche vessazioni, psichiche e morali, attuata per motivi di lavoro.

Così, l’ultima slide riproduce una fotografia di una delle donne più belle del mondo: l’attrice americana Michelle Marie Pfeiffer. Solo che, ingrandendo le tessere, si comprende che sono tutte immagini di macchine da cantiere.

Con una sola immagine il Professore dimostra che è possibile realizzare un disegno anche con elementi che nulla hanno a che fare con l’immagine finale che si intende riprodurre. 

Il mobbing funziona spesso così.

Tenerife 1977




Normalmente consideriamo ogni incidente come il succedersi di un fatto principale che ha determinato l’evento, ed una serie di concause che hanno determinato la gravità del fatto. Se dobbiamo analizzare un incidente domestico, oppure automobilistico, tipicamente è questo il modo come interpretiamo l’accaduto.

Ma è sbagliato.

Le persone che hanno indagato sull’incidente aereo meglio noto come il Disastro di Tenerife hanno evidenziato come, una successione casuale di eventi singolarmente insignificanti, possa aver determinato il più grave disastro della storia dell’aviazione. A Tenerife (Isole Canarie), il 27 marzo 1977, domenica.

L’incidente avvenne per lo scontro di due Boeing 747 sulla pista di decollo. Il primo aeromobile era in fase di decollo non autorizzato; il secondo aeromobile stava percorrendo la pista di decollo in senso contrario autorizzato dalla torre di controllo. Non si verificarono guasti a bordo degli aerei prima dello scontro. 

Il Boeing 747 pronto sul margine della pista iniziò il movimento per il decollo quando, ancora, l’altro aereo era alla ricerca della intersezione, ovvero della breve pista di raccordo che lo avrebbe condotto nella pista di rullaggio. Quindi, quando il comandante del primo si accorse che la pista di decollo non era sgombra, cercò di sollevare la prua per staccarsi da terra, ed in parte ci riuscì. Ma l’aereo aveva appena fatto rifornimento ed era a pieno carico, cosicché colpì l’altro e ricadde al suolo dopo un breve stacco.

Sulla pista c’era una fitta nebbia, le luci di centro pista non erano funzionanti, il comandante dell’aereo che stava percorrendo la pista di decollo in senso opposto aveva ricevuto l’istruzione di uscire ad una intersezione che lo avrebbe costretto ad una virata eccessivamente brusca a causa dell’angolazione. Così considerò che, implicitamente, l’operatore della torre di controllo lo stava in realtà indirizzando in quella successiva, orientata in modo molto più favorevole. 

Quello che però stupisce è il fatto che, ogni singolo fattore, preso singolarmente, non è determinante. 

Se le luci di centro pista fossero state funzionanti, entrambi i piloti del primo aeromobile avrebbero visto da lontano il secondo Boeing 747 impegnare la pista. Lo stessa cosa sarebbe successa se non fosse calata una nebbia fitta.

Se il controllore di volo avesse avuto la possibilità di seguire il movimento a terra degli aeromobili con il radar di terra, avrebbe impedito la permanenza sulla pista di decollo del secondo aereo, indirizzandolo sulla intersezione stabilita prima dell’autorizzazione al movimento.

E’ stato calcolato che, se il primo aeromobile si fosse sollevato un solo secondo prima, avrebbe potuto evitare l’impatto con l’altro posto di traverso. Quel secondo di ritardo si verificò per la massa consistente dovuta ai serbatoi pieni.

Se uno dei comandanti non avesse cercato di comunicare contemporaneamente con l’operatore della torre di controllo, il dispositivo di comunicazione non avrebbe coperto le voci.

Se il comandante dell’aereo in fase di decollo avesse ascoltato il suo ingegnere di volo che aveva chiesto: “Did he not clear the runway … the Pan American?” (Ha liberato la pista … il Pan American?”.

Se fosse stato accordato al secondo aereo di rimanere in volo anziché atterrare … Se, una volta atterrato, gli fosse stato possibile ripartire senza attendere il rifornimento di carburante dell’altro Boeing 747 …

In definitiva a Tenerife è avvenuto il più grave incidente della storia dell’aviazione senza una vera causa principale. Questo deve far riflettere anche le persone che oggi si occupano in modo professionale di fare prevenzione nei luoghi di lavoro. 

La sicurezza è quel qualcosa oltre lo strettamente necessario.




martedì 31 marzo 2015

Tutti i colori dell’Iliade





Una cosa che sorprende leggendo l’Iliade di Omero, è la contrapposizione che l’autore crea tra i particolari delle armi, delle navi, delle vesti, della città, tutti ben descritti, ed i colori stranamente poco vivaci se non assenti.

Sovente nel campo di battaglia aleggia la nebbia. Il sangue viene definito nero. Il mare viene definito nero. Le navi sono nere. Il cielo non ha un colore.

Sebbene Omero venga sovente descritto come cieco, nulla sappiamo in realtà su di lui. Non sappiamo se sia realmente esistito; non sappiamo se fosse stato un uomo o una donna. Chi ha scritto l’Iliade era sicuramente persona di enorme sensibilità, poco preparata sulla tecnica ma di grande umanità. Eppure le stranezze sui colori descritti non sono facili da spiegare.

In un passo vengono descritte due fonti d’acqua ove le donne e le fanciulle lavavano le vesti.

Corsero oltre la torre di guardia e il caprifico ventoso
Lungo la strada dei carri, allontanandosi sempre dal muro,
e giunsero alle due belle fontane; sgorgano
le sorgenti del vorticoso Scamandro:
una scorre acqua calda e fumo all’intorno
sale da essa, come di fuoco avvampante;
l’altra anche d’estate scorre pari alla grandine
o al ghiaccio o alla gelida neve.
E intorno ci sono lavatoi ricchi d’acqua,
belli, di pietra, ove le vesti vivaci
lavan le spose dei Teucri e le belle figliuole
un tempo, in pace, prima che i figli degli Achei giungessero”.

(Omero, Iliade, versione di Rosa Calzecchi Onesti, Einaudi editore)

Sono le sorgenti dello Scamandro, uno dei due fiumi che scorrono in prossimità di Troia. Una sorgente è calda e, da essa, sale il vapore che si diffonde d’intorno; l’altra è d’acqua fredda, come acqua di disgelo. Omero descrive con molti particolari questo luogo caratteristico ove Ettore ed Achille sono giunti durante il duello. Eppure né il vapore d’acqua, né il ghiaccio, né la neve, né la grandine, né le vivaci vesti hanno un colore. Non ha un colore la pietra. Non ha un colore il muro della città di Priamo. Non ha un colore la campagna circostante. Non hanno un colore le armi e le protezioni in bronzo dei due eroi. Sappiamo che riflettevano la luce come, tipicamente, fanno i metalli, ma non sappiamo null’altro.

Una ipotesi che è stata formulata di recente potrebbe spiegare diversamente quella che, a noi, sembra una stranezza. Forse gli uomini e le donne del secondo millennio avanti Cristo non percepivano i colori così come facciamo oggi noi. Forse i colori sono un fattore culturale. 

Questa ipotesi è stata avanzata analizzando i molti scritti che sono arrivati fino a noi nei quali, ad esempio, compare raramente un vocabolo per indicare il colore blu.

L’ipotesi è che, per una qualche strana ragione, solo negli ultimi secoli la realtà è andata via via colorandosi, mente nell’antichità gli uomini vivevano in un mondo più simile al bianco-nero. Con poca luce. Con poche parole per descrivere una sfumatura di colore. Però, se accettiamo questo paradigma, non riusciamo a spiegare come in antico Egitto, ad esempio, il colore blu fosse ampiamente ricercato ed utilizzato.

La realtà, a mio avviso, è che non ne sappiamo ancora abbastanza sulla percezione della nostra mente.

domenica 22 marzo 2015

La macchina del fango e la pioggia di rane




Avete presente quella scena che si vede in alcuni film quando, il protagonista, racconta una “verità” talmente inverosimile che non viene creduta? Un esempio su tutti: nel secondo film dell’antologia “Alien” di James Cameron, Sigourney Weaver (Ripley) racconta come l’astronave sia andata distrutta e viene razionalmente screditata.

Quando può accadere un evento analogo nella realtà?

Secondo me può avvenire per i seguenti motivi diversi:
  • Il fatto è vero ma è talmente al di fuori della nostra comprensione e della nostra esperienza personale che, non trovando una giustificazione razionale per spiegarlo, finiamo per rifiutarlo;
  • Il fatto è vero ma, accettarlo, implicherebbe una mutazione estremamente negativa delle nostre convinzioni religiose, della percezione del nostro stato di salute, della nostra etica professionale, del nostro futuro, che non può essere considerato per ciò che realmente è;
  • Il fatto è vero ma contrasta con un’altra verità che ci è stata rappresentata da persona che riteniamo sicuramente affidabile.

Facciamo alcuni esempi.

Siamo andati a vivere per qualche tempo in una casa in campagna ed un giorno, in piena estate, con un cielo pressoché sereno, iniziano a piovere acqua e rane. Le vediamo quando rimbalzano sul terreno o sul tetto di casa. Non siamo gli unici a vederle, per cui l’evento è reale; ma si tratta di esperienza talmente anomala ed inspiegabile che, per forza di cose, finiamo per non considerarla. Le rane intanto fuggono in pochi minuti e tutto torna alla normalità.

Pomeriggio davanti alla televisione in bianco e nero quando, improvvisamente, viene annunciata una edizione straordinaria del telegiornale. E’ successo qualcosa. Ed infatti il giornalista che, normalmente, conduce il telegiornale delle venti, annuncia pallido lo scoppio della terza guerra mondiale. I Russi hanno lanciato dei missili con testate atomiche ora diretti sul territorio degli Stati Uniti d’America ed, a breve, vi sarà la ritorsione degli USA per quella strategia nota con il nome di “Mutua Distruzione Reciproca”. Ci rimangono solo pochi minuti di vita prima delle esplosioni. Non è possibile.

Durante una visita medica ci viene comunicata una patologia gravissima che, progressivamente, ci porterà a non poter essere più autosufficienti. Non può essere accaduto a me, sono sempre stato bene.

Questo rifiuto psicologico è, probabilmente, un meccanismo di difesa della nostra mente, del nostro equilibrio interiore. Non stanno sparando, è un’esercitazione. Non mi ha tradita, sono solo colleghi di lavoro. Non è una rapina, stanno girando un film. Non è un urlo di dolore, giocano tra innamorati.

Lucio Battisti avrebbe detto: “Non è Francesca”.

Ora immaginiamo di aver compreso estremamente bene questo aspetto della nostra psiche, e di volerlo utilizzare per un fine perverso. Potremmo gettare discredito su una persona inventando eventi negativi alla quale è, in realtà, estranea. Ma si può fare di meglio. Infatti è possibile manipolare l’ambiente ove la vittima opera creando situazioni particolarmente assurde, indescrivibili, al di fuori di qualunque esperienza razionale. In questo modo la persona divenuta bersaglio potrà anche cercare di descrivere la strategia organizzata per ottenere il suo ostracismo, ma non verrà creduta. Non perché l’evento o l’insieme degli eventi non siano reali, ma l’accettarli contrasterebbe con i bisogni emotivi dell’interlocutore che ha necessità di credere in un mondo razionale, in eventi noti, spiegabili.

Con la macchina del fango si genera discredito sulla persona, non sulle sue idee. Ma con gli eventi assurdi, paradossali quanto reali, si mette l’avversario in una condizione di sostanziale impotenza. Le rane sono cadute, ma lui non potrà mai raccontarlo senza gettarsi nel ridicolo, senza subire l’isolamento della comunità sociale.