Facciamo un esempio di fantasia. In aeroporto un passeggero si avvicina a due rappresentanti delle forze dell’ordine e racconta di aver visto una persona distesa, probabilmente deceduta, al di fuori della zona ove può muoversi, data la sua condizione di viaggiatore in transito. Nell’impossibilità di intervenire per prestare primo soccorso, avvisa le prime persone che vede in divisa, indicando il luogo preciso ma, anche, di aver visto una persona di corporatura robusta fuggire con le mani insanguinate.
Le forze dell’ordine, nell’impossibilità a loro volta di sapere le reali condizioni della vittima, si precipitano nel luogo indicato e tentano di mantenere in vita la persona che risulta accoltellata. Nonostante tali tentativi ed il tempestivo intervento dei sanitari, il ferito muore.
Nel processo per omicidio che ne consegue emergono delle questioni sulla legittimità della testimonianza della polizia giudiziaria. Il problema che viene sollevato è questo: poiché il passeggero in transito che ha visto direttamente la scena è rimasto non identificato, possono le forze dell’ordine riferire del fatto che sul luogo dell’accoltellamento è stata notata la presenza di un soggetto sospetto con determinate caratteristiche fisiche?
Quando io vedo Mario rubare un tostapane nel negozio di Paolo, posso testimoniare direttamente di questo evento: ho visto io Mario rubare (testimonianza di primo grado). Ma se Adriano mi dice di aver visto lui Mario rubare il tostapane, la mia non sarà una testimonianza diretta, io non ho visto direttamente il comportamento di Mario, a me è stato solo raccontato che il fatto è avvenuto per opera di Mario e nel negozio di Paolo (testimonianza di secondo grado).
Nel nostro ordinamento la testimonianza di secondo grado della polizia giudiziaria non è ammessa.
E, fin qui, la questione è abbastanza semplice. Se hai svolto delle indagini per omicidio, puoi e devi riferire solo di quanto hai personalmente accertato. Senza valutazioni personali.
Ma supponiamo che la relazione delle forze dell’ordine, con la testimonianza indiretta di quanto accaduto, sia stata acquisita da un Giudice per le indagini preliminari, senza che nessuno abbia presentato opposizione per l’inammissibilità dell’acquisizione. E supponiamo che l’Ordinanza di archiviazione del Giudice per le indagini preliminari riporti delle considerazioni espresse proprio partendo da quei dati presenti nella relazione. Cosa succede se l’Imputato in altro processo presenta tale Ordinanza di archiviazione come prova a suo favore per essere scagionato dall’accusa?
Le cose si complicano non poco.
Esaminiamo un aspetto alla volta.
Le informazioni raccolte dalla polizia giudiziaria dal passeggero che ha dato l’allarme, non sono state fissate con un verbale di sommarie informazioni testimoniali, con le modalità di cui all’articolo 351 Codice Procedura Penale, sentendo una persona identificata ed in grado di riferire circostanze utili alle indagini. Questo, ovviamente, perché non c’era il tempo materiale di farlo, essendo prioritario il tentativo di salvare un individuo in estremo pericolo di vita.
La Corte Suprema di Cassazione, sezioni unite penali, con la Sentenza n. 36747 del 24.09.2003, ha affermato che l’articolo 195, comma 4, Codice Procedura Penale, vieta però non solo la testimonianza indiretta della polizia giudiziaria sulle dichiarazioni regolarmente acquisite in sede di sommarie informazioni, ma anche quella sulle dichiarazioni che si sarebbero dovute acquisire con le modalità di cui all’articolo 351 Codice Procedura Penale. Ed, in questo caso, i riferimenti riportati nella relazione riepilogativa acquisita dal Giudice per le Indagini preliminari in camera di consiglio, sono appunto una testimonianza indiretta della polizia giudiziaria su dichiarazioni che si sarebbero dovute acquisire con le modalità di cui all’articolo 351 Codice Procedura Penale.
Si deve anche considerare che, in sede di udienza in camera di consiglio, la polizia giudiziaria non viene invitata. Quindi i funzionari non possono descrivere a voce lo sviluppo delle loro indagini, né possono essere interrogati dalla controparte in sede di controesame. Il Giudice per le indagini preliminari può solo leggere i documenti ove tale descrizione è stata riportata.
Inoltre l’articolo 238-bis Codice Procedura Penale, disciplina il valore dimostrativo da attribuire alle decisioni divenute definitive in un altro procedimento penale, stabilendo “Fermo quanto previsto dall’articolo 236, le sentenze divenute irrevocabili possono essere acquisite ai fini della prova del fatto in esse accertato e sono valutate a norma degli articoli 187 e 192 comma 3”. Quindi solo le Sentenze divenute irrevocabili, o per le quali non è più proponibile alcun mezzo ordinario di impugnazione, possono essere acquisite esclusivamente “ai fini della prova del fatto in esse accertato”, ed unicamente se ricorrono le tassative condizioni previste dal combinato disposto degli articoli 187, e 192 comma 3, Codice Procedura Penale che il Giudice deve obbligatoriamente valutare.
L’articolo 125, comma 1, Codice Procedura Penale statuisce poi: “La legge stabilisce i casi nei quali il provvedimento del giudice assume la forma della sentenza, dell’ordinanza o del decreto”. Rispetto alla Sentenza, il Decreto e l’Ordinanza si caratterizzano per essere provvedimenti non definitori.
Per inciso, la logica di consentire l’acquisizione delle sentenze divenute irrevocabili in altro procedimento, è quella di “non disperdere elementi conoscitivi acquisiti in provvedimenti che hanno comunque acquistato autorità di cosa giudicata, fermo restando il principio del libero convincimento del giudice” (cfr. Corte Suprema di Cassazione, sezione II penale, Sentenza n. 6755 del 19.05.1994); ovvero quella di “evitare di dover provare, di volta in volta, un fatto già accertato” (cfr. Corte Suprema di Cassazione, sezione VI penale, Sentenza n. 3396 del 02.03.1998). Si pensi alla dimostrazione in aula di giustizia dell’esistenza diffusa del fenomeno della corruzione nei pubblici uffici.
Tuttavia, intervenendo in una fattispecie nella quale la Sentenza irrevocabile era stata acquisita ai sensi dell’articolo 238-bis Codice Procedura Penale anche al fine di utilizzare, quali prove, dichiarazioni rese da ufficiali di polizia giudiziaria in ordine a quanto loro riferito da terze persone (dichiarazioni che, dunque, alla luce del novellato testo dell’articolo 195, comma 4, Codice Procedura Penale, non avrebbero potuto essere rese nel procedimento ricevente, iniziato successivamente alla modifica operata con la Legge n. 63 del 01.03.2001), la Suprema Corte ha negato tale possibilità ed affermato che l’articolo 238-bis “deve essere interpretato in modo da non porsi in contrasto né con l’articolo 111 della Costituzione né con l’articolo 238 Codice Procedura Penale” giacché, diversamente, “si eluderebbe il principio del contraddittorio sancito dall’articolo 111 della Costituzione, ammettendone una deroga non espressamente annoverabile tra quelle previste dalla Costituzione” (cfr. Corte Suprema di Cassazione, sezione III penale, Sentenza n. 8823 del 13.01.2009).
Quindi il tentativo dell’imputato di utilizzare in altro processo una Ordinanza di archiviazione contenente testimonianze di secondo grado della polizia giudiziaria, per scagionare se stesso, deve essere sempre rigettata dal Giudice.
Allo stesso modo quell'Ordinanza non può essere nemmeno utilizzata come prova di colpevolezza. Perché l'Imputato magari non era nemmeno presente nella convocazione in camera di consiglio.