Per mettere sotto stress una persona indesiderata, a volte, viene utilizzato in modo pretestuoso il potere disciplinare attribuito al datore di lavoro.
Vediamo un caso di fantasia.
Mario, dipendente di una pubblica amministrazione, il giorno 10.06.2015 ha timbrato il cartellino in entrata e poi è andato a passeggiare sul lungomare. Durante un controllo, avvenuto nel 2018, il computer nell’ufficio di Mario non risulta utilizzato il giorno 10.06.2015. Oltre a ciò, la Gendarmeria raccoglie una testimonianza di una persona che, senza ombra di dubbio, ricorda di aver visto Mario sul lungomare proprio in data 10.06.2015, in compagnia di Marilyn Monroe.
Mario viene processato per truffa ai danni dello stato perché, anziché lavorare, in data 10.06.2015 è andato a fare una passeggiata.
Ma, la stessa identica contestazione, viene fatta anche a Demetrio e Ubaldo, ed entrambi finiscono sotto processo insieme a Mario.
Durante il processo, Demetrio dimostra che era sì sul lungomare, ma aveva ricevuto un ordine di servizio e, quindi, stava facendo esattamente il lavoro che gli era stato richiesto; diversamente Ubaldo riesce a dimostrare che, quel giorno, era in ufficio a svolgere le sue normali mansioni.
Il Giudice assolve tutti con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Infatti, la tesi sostenuta dall’accusa, non è vera per Ubaldo (era regolarmente al lavoro), non può essere considerata reato per Demetrio (il fatto è vero, ma Demetrio era lì perché gli era stato ordinato), e non è sufficientemente provata per Mario (non c’è un sufficiente riscontro oggettivo per accusare una persona di reato penale).
In realtà, se fossero stati tre distinti processi, il Giudice avrebbe dovuto assolvere Demetrio e Mario con formule diverse ma, poiché il verdetto è unico, la legge impone che venga utilizzata la formula più favorevole agli imputati. Quindi, poiché il fatto descritto dall’accusa per Ubaldo non è vero, il Giudice emette sentenza “perché il fatto non sussiste” per tutti.
A questo punto il datore di lavoro convoca i tre malcapitati accusandoli di illecito disciplinare, facendo riferimento alle argomentazioni che il Magistrato inquirente ha sostenuto in Tribunale.
Tale iniziativa, in questo caso, è illegittima e probabilmente pretestuosa. Infatti, poiché la formula assolutoria è uguale per tutti e nega la tesi dell’accusa, anche Mario non può essere sanzionato disciplinarmente perché, qualunque cosa abbia fatto il 10.06.2015, non può essere provata estraendo gli elementi utilizzati nel processo, in base alla circostanza determinante che, il Giudice, ha negato la ricostruzione del fatto.
Diversamente sarebbe stato se il Giudice avesse assolto Mario “perché il fatto non costituisce reato”. Non costituisce reato, ma il fatto a lui attribuito è stato giudicato vero. Quindi potrebbe comunque essere sanzionato disciplinarmente.
Il comportamento di Ubaldo lo salva.