In ogni guerra vi è una componente psicologica. Per mettere l’avversario nelle peggiori condizioni è preferibile demoralizzarlo, spaventarlo, disorientarlo, umiliarlo, metterlo di fronte ad una condizione in cui si senta impotente. Fa parte dell’arte della guerra.
Quando i fiorentini, assediati, erano oramai alla fame, decisero un gesto estremo; gettarono dalle mura tutto il pane rimasto, dopo averlo inzuppato con l’acqua al fine di renderlo inutilizzabile, per far credere ai nemici che potevano ancora disporre di abbondanti risorse alimentari. E, durante l’assedio, il 17.02.1530 alcuni nobili della città decisero addirittura di giocare una partita di calcio in costume, ove misero le trombe ancora più in alto sugli spalti per far sentire bene, fuori le mura, come si stavano divertendo. I nemici non caddero nel tranello e non tolsero l’assedio, ma la ricca città non venne saccheggiata, pattuirono una resa.
Anche Achille non è sfuggito a questa regola. Dopo aver ucciso Ettore, trascinò il suo corpo legato al carro per tre giri intorno a Troia assediata. In modo che suo padre Re Priamo, ed i difensori, vedessero bene che fine aveva fatto il loro più valoroso guerriero.
Achille – “O cari, guide e capi degli Argivi,
poi che quest’uomo gli Dei m’han dato d’abbattere,
che molti mali ci ha fatto, quanti non gli altri insieme,
su presto, giriamo armati intorno alla rocca,
per sapere i disegni dei Teucri, se pure ne hanno,
se lasceranno l’alta città, caduto costui,
o vogliono resistere, pur non avendo più Ettore …”.
(Iliade di Omero – XXII 378-384 – Rosa Calzecchi Onesti)
Comprendere che le offese, le vessazioni, le maldicenze, la comunicazione paradossale sono un modo di fare la guerra a qualcuno, non è così evidente a chi ne diviene vittima. Per questo è fondamentale non offrire il fianco al nemico e reagire. Terrorizzando, demoralizzando ed umiliando l’avversario, il persecutore ne inibisce il comportamento a proprio vantaggio.