Il suggerimento più importante che posso dare su come preparare un insieme di elementi di prova, da allegare ad una Denuncia-Querela penale, riguarda la Consulenza extraperitale.
La Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 33 del 11.02.1999 che riporta: “La consulenza extraperitale è suscettibile di assumere pieno valore probatorio non diversamente da una testimonianza e che pertanto il Giudice non è vincolato a nominare un Perito qualora le conclusioni fornite dai consulenti di parte gli appaiano oggettivamente fondate, esaustive e basate su argomenti convincenti”, ha dato pieno valore al lavoro dei Consulenti. Questo significa che, analizzare la Violenza perpetrata con la strategia delle sistematiche vessazioni, psichiche e morali, attuata per motivi di lavoro, non è cosa alla portata di tutti e che è bene scegliersi un buon Consulente che sia in grado di illustrare al meglio al Magistrato, tutti gli aspetti peculiari dei maltrattamenti e delle umiliazioni patite dalla vittima.
Il problema nasce qui. Come si fa a riconoscere un buon Consulente?
Non esiste una regola sempre valida. Io personalmente mi affido all’intuito ma ho commesso errori.
Per prima cosa è necessario prevedere il costo significativo della consulenza extraperitale. Per cui è essenziale non sprecare inutilmente le risorse economiche che abbiamo a disposizione. Il Consulente di parte ci deve fornire un documento, una sua Valutazione, che risulti sia oggettivamente fondata (chiunque, con la sua professionalità, deve poter ricostruire il processo logico che lo ha portato a quelle conclusioni), sia esaustiva (deve trattare ed illustrare tutto su un determinato argomento), e deve essere strutturata su argomenti convincenti (ovvero non deve aver tralasciato gli elementi in grado di smentire tale tesi, né deve utilizzare argomentazioni puramente dialettiche, suggestive o di comodo). E’ un lavoro complesso. Per essere efficace deve poggiarsi su fondamenta solide. Per cui noi per primi dobbiamo aver prima raccolto ed ordinato l’insieme delle prove che intendiamo far analizzare insieme al nostro racconto.
A questo punto, però, può accadere che commettiamo l’errore di scegliere male il Consulente. E questo è un evento che può generare un profondo sconforto se non crediamo in noi stessi.
Infatti può accadere che, il Super Consulente che abbiamo contattato, che abbiamo rintracciato con difficoltà perché, in precedenza, lo avevamo solo visto intervistato alla televisione oppure avevamo solo letto i suoi libri, ci accolga in modo diverso dalle attese. I suoi collaboratori sono particolarmente giovani ed inesperti, avendo alle spalle al massimo qualche anno lavorativo. La prima cosa di cui ci parla è il suo compenso che, stranamente, vuole anticipato sulla prestazione professionale. Insomma ci ritroviamo in una situazione molto diversa da quella immaginata, da quella che può permettere la miglior descrizione di quanto sta accadendo.
In questo caso è bene tenere le antenne dritte. C’è la concreta passibilità che il Super Consulente conosca alla perfezione le strategie delle organizzazioni criminali, delle motivazioni nascoste negli omicidi passionali, delle modalità per trattare con un gruppo di rapinatori asserragliati con ostaggi in una banca da giorni, ma non abbia la più pallida idea delle fantasie di potere e di dominio di uno Psicopatico aziendale.
Se il vostro intuito vi avverte di questo, fate estrema attenzione. Potrebbe essere necessaria una strategia per abbandonare l’iniziativa prima che vi si ritorca contro.
C’è un elemento che dobbiamo assolutamente osservare: se il Consulente inizia a giustificare i nostri aggressori e ritiene noi stessi delle persone mentalmente disturbate, non è il caso di andare oltre.
La Violenza perpetrata con la strategia delle sistematiche vessazioni, psichiche e morali, attuata per motivi di lavoro, non deriva da un qualche comportamento deviato di chi ne resta vittima. Anzi.
Sarebbe come dire che, una donna che subisce una violenza sessuale, sia essa stessa la causa della violenza per aver provocato mettendo magari una minigonna, per essere andata in giro da sola, in un quartiere malfamato, dopo la mezzanotte. Il primo che sento sostenere una tesi del genere si prende un pugno dritto sul naso da me. Non è una minaccia, è una promessa.
Se questo passaggio non è chiaro al Consulente, egli farà solo danni. Perché significa che non ha compreso la violenza che stiamo subendo oppure che, per lui, è più conveniente assumere questa posizione per il prosieguo della sua carriera. Infatti le persone che subiscono questa violenza hanno tre caratteristiche che le penalizzano: ammesso che ci riescano, sono in grado di dimostrare la violenza subita solo con una miriade di prove, per lo più poco significative se esaminate singolarmente; sono in uno stato di prostrazione psicologica che le rende particolarmente vulnerabili, ed in una condizione emotiva di estrema necessità di aiuto; hanno un nemico potente, influente, poiché tale forma di violenza è quella di frequente attuata dai colletti bianchi, per dirla con le parole del Criminologo Dr. Edwin Sutherland, e non a tutti conviene metterseli contro.
Può quindi accadere che, il Super Consulente, dopo aver parlato con noi dall’alto della sua inarrivabile autorevolezza, rintracci qualcuno che possa fornirgli ulteriori indicazioni sulla nostra vicenda, sulla qualità del nostro lavoro, sulle motivazioni per cui ci hanno confinato a fare fotocopie in uno scantinato. Quindi, nella sua sostanziale incapacità, arrivi addirittura a convincersi che gli abbiamo mentito o che siamo un caso patologico, e si schieri dalla parte del nostro persecutore.
Soggetti così non mancano nel panorama delle figure che popolano i Convegni ed i Seminari dedicati al Mobbing. Ma noi siamo tipi tosti. Non ci lasciamo fregare.