martedì 31 marzo 2015

Tutti i colori dell’Iliade





Una cosa che sorprende leggendo l’Iliade di Omero, è la contrapposizione che l’autore crea tra i particolari delle armi, delle navi, delle vesti, della città, tutti ben descritti, ed i colori stranamente poco vivaci se non assenti.

Sovente nel campo di battaglia aleggia la nebbia. Il sangue viene definito nero. Il mare viene definito nero. Le navi sono nere. Il cielo non ha un colore.

Sebbene Omero venga sovente descritto come cieco, nulla sappiamo in realtà su di lui. Non sappiamo se sia realmente esistito; non sappiamo se fosse stato un uomo o una donna. Chi ha scritto l’Iliade era sicuramente persona di enorme sensibilità, poco preparata sulla tecnica ma di grande umanità. Eppure le stranezze sui colori descritti non sono facili da spiegare.

In un passo vengono descritte due fonti d’acqua ove le donne e le fanciulle lavavano le vesti.

Corsero oltre la torre di guardia e il caprifico ventoso
Lungo la strada dei carri, allontanandosi sempre dal muro,
e giunsero alle due belle fontane; sgorgano
le sorgenti del vorticoso Scamandro:
una scorre acqua calda e fumo all’intorno
sale da essa, come di fuoco avvampante;
l’altra anche d’estate scorre pari alla grandine
o al ghiaccio o alla gelida neve.
E intorno ci sono lavatoi ricchi d’acqua,
belli, di pietra, ove le vesti vivaci
lavan le spose dei Teucri e le belle figliuole
un tempo, in pace, prima che i figli degli Achei giungessero”.

(Omero, Iliade, versione di Rosa Calzecchi Onesti, Einaudi editore)

Sono le sorgenti dello Scamandro, uno dei due fiumi che scorrono in prossimità di Troia. Una sorgente è calda e, da essa, sale il vapore che si diffonde d’intorno; l’altra è d’acqua fredda, come acqua di disgelo. Omero descrive con molti particolari questo luogo caratteristico ove Ettore ed Achille sono giunti durante il duello. Eppure né il vapore d’acqua, né il ghiaccio, né la neve, né la grandine, né le vivaci vesti hanno un colore. Non ha un colore la pietra. Non ha un colore il muro della città di Priamo. Non ha un colore la campagna circostante. Non hanno un colore le armi e le protezioni in bronzo dei due eroi. Sappiamo che riflettevano la luce come, tipicamente, fanno i metalli, ma non sappiamo null’altro.

Una ipotesi che è stata formulata di recente potrebbe spiegare diversamente quella che, a noi, sembra una stranezza. Forse gli uomini e le donne del secondo millennio avanti Cristo non percepivano i colori così come facciamo oggi noi. Forse i colori sono un fattore culturale. 

Questa ipotesi è stata avanzata analizzando i molti scritti che sono arrivati fino a noi nei quali, ad esempio, compare raramente un vocabolo per indicare il colore blu.

L’ipotesi è che, per una qualche strana ragione, solo negli ultimi secoli la realtà è andata via via colorandosi, mente nell’antichità gli uomini vivevano in un mondo più simile al bianco-nero. Con poca luce. Con poche parole per descrivere una sfumatura di colore. Però, se accettiamo questo paradigma, non riusciamo a spiegare come in antico Egitto, ad esempio, il colore blu fosse ampiamente ricercato ed utilizzato.

La realtà, a mio avviso, è che non ne sappiamo ancora abbastanza sulla percezione della nostra mente.