domenica 31 dicembre 2017

Spingere astutamente altri ad agire



Quando siete nella burrasca, pur avendo piena coscienza di poter far fronte alle avversità perché siete dei tipi in gamba e sapete fare bene il vostro lavoro, fate attenzione ad uno stratagemma spesso in uso dai parassiti sociali: fate attenzione a non esporvi perché qualcuno, in modo subdolo, vi sta spingendo ad agire con aggressioni emotive poco evidenti.

Il meccanismo è, più o meno, il seguente. 

In un ambiente lavorativo, ove qualcuno si comporta al limite della legalità, il rischio è di restare coinvolti in una eventuale crisi pur essendo totalmente estranei. Se dovesse accadere, è bene tenere gli occhi aperti e proteggere il proprio ruolo. Poiché i veri autori delle difficoltà faranno di tutto per nascondere le loro responsabilità ed andranno alla ricerca di un capro espiatorio o della figura che possa risolvere la situazione, sempre senza esporsi; chi ha capacità di iniziativa rischia di divenire il bersaglio di aggressioni emotive finalizzate a farlo sentire in colpa per quanto accaduto. In questo modo, i parassiti sociali, spingono la persona preparata ad agire nel loro interesse con due vantaggi: il primo è che, se le cose andranno male, loro non si saranno esposti e potranno mantenere un basso profilo; nel caso la persona preparata ottenga risultati, loro potranno beneficiarne comunque senza rischi.

Quindi, in caso di crisi, valutate bene ogni iniziativa e non cedete mai alle pressioni emotive. Anche se faranno di tutto per farvi sembrare agli occhi di tutti, l’unico responsabile, non sentitevi in dovere di assumere iniziative da eroe; è esattamente quello che vogliono. Per questo le tecniche di manipolazione devono restare nascoste, perché quando eventualmente scoprirete di essere stati spinti ad agire, a prendere rischi enormi solo sulle vostre spalle, non avrete argomenti per dimostrare quanto accaduto.

Questo indipendentemente dal risultato. Perché se anche riuscirete ad ottenere la risoluzione del problema, non vi lasceranno il merito.


domenica 24 dicembre 2017

Sentire delle voci



Non posso parlare per esperienza personale. Non ho mai avuto percezioni di questo tipo che potremmo definire come “un’allucinazione prodotta da una percezione che attiva la nostra corteccia sensoriale in assenza di una corrispondente stimolazione dei recettori periferici”. In altre parole, la mente sente il suono, ma non vi è una corrispondente vibrazione dell’aria che interessi l’apparato uditivo; quindi è la mente stessa a generare l’evento esattamente come se fosse reale.

Vorrei comunque spezzare una lancia a favore delle persone che hanno queste allucinazioni: sentire delle voci non significa essere alla soglia della follia.

Il fenomeno è ancora da studiare perché, della mente umana, non se ne sa ancora abbastanza. Però, al momento, non esiste una correlazione diretta tra questa forma di allucinazione ed una qualche patologia psichiatrica. 

Sarebbe interessante sapere se, le voci, narrano di eventi accaduti, oppure che accadranno; come sarebbe interessante sapere se, dalle voci, è possibile ricavare una personalità definita, concorde o discorde con quella della persona che le ascolta.

Per quanto può sembrare poco significativo, il cervello umano è diviso in due emisferi, notevolmente specializzati nelle loro funzioni.


lunedì 6 novembre 2017

Per un pugno di euro o per la propria dignità




A volte, l’esistenza umana, regala sorprese del tutto inattese. Può capitare, infatti, di svegliarsi una mattina con le forze dell’ordine alla porta, ed essere ingiustamente condotti in un luogo di detenzione. Come reagire?

In primo luogo è necessario considerare che, chi esegue materialmente l’arresto o la notifica, potrebbe non essere al corrente della vicenda, quindi è del tutto inutile (oppure sconveniente) discutere sulla ingiustizia ricevuta. Molto meglio seguire alla lettera le indicazioni ricevute. E’ altrettanto importante tranquillizzare la famiglia, in particolare se ci sono bambini presenti. 

Normalmente, dopo l’arresto o la misura interdittiva, segue l’Interrogatorio di garanzia avanti al Giudice per le Indagini Preliminari. Per poter rispondere correttamente alle domande, è necessario aver avuto la possibilità di visionare il Fascicolo con gli elementi di accusa. Nel provvedimento notificato potrebbero essere presenti date sbagliate, errori di persona, elementi contraddittori, quindi è preferibile avvalersi della facoltà di non rispondere se non si ha avuto il tempo materiale di esaminare le prove raccolte. In ogni caso è possibile rilasciare spontanee dichiarazioni, per chiarire la propria posizione.

Terminato l’Interrogatorio la prima parte della procedura si arresta. A questo punto è necessario reagire al meglio delle proprie possibilità. 

In accordo con l’Avvocato difensore, è necessario analizzare l’accusa. Qual è di preciso la violazione che ci viene contestata? E’ un reato solo doloso, oppure lo si può commettere anche per colpa? Esiste giurisprudenza in merito? La condotta può essere solo attiva, oppure anche omissiva? Quando di preciso avrei commesso questa violazione? Posso dimostrare che, quel giorno a quell’ora, ero da tutt’altra parte a mangiarmi un gelato? …

E’ necessario ricordare che, nella vita, tutto si fa con sole tre cose: Informazione, Tempo e Potere.

Quindi, abbiamo necessità di raccogliere subito tutte le informazioni disponibili sul nostro operato, organizzarle in modo analitico (per giorno, per appuntamenti, per orario di lavoro, per impiego di determinate tecnologie o attrezzature di lavoro, …), e ricostruire gli eventi associando, ad ogni passaggio, come poter dimostrare la verità. Se non si hanno nella piena disponibilità queste informazioni, è possibile far svolgere indagini difensive, raccogliere elementi di prova, chiedere l’accesso agli atti presenti negli archivi della pubblica amministrazione. 

Una volta raccolte le Informazioni utili a dimostrare la nostra innocenza, dobbiamo confrontarci con la variabile Tempo. Nel Codice di Procedura Penale, vi sono dei tempi tecnici vincolanti. E’ più compito del legale di fiducia conoscere queste prerogative e sfruttarle al meglio, quindi è necessario non avere fretta e pianificare con precisione quando dimostrare le proprie buone ragioni. 

Lo stesso ragionamento vale per la variabile Potere. Il Pubblico ministero può aver richiesto l’arresto; il Giudice per le Indagini Preliminari può averlo concesso con delle precise motivazioni; resta il fatto che, il loro, è un potere delegato avente dei limiti precisi. Il Potere che viene concesso all’accusa è, sostanzialmente, pari e contrario a quello concesso alla difesa. 

Mai disperare. Mai farsi prendere dallo sconforto. 

E’ utile ricordare l’operato di un signore dal nome Eugene Francis Kranz, detto Gene, Direttore di volo dell’Apollo 13. L’Ingegner Gene Kranz si è trovato a dover affrontare la possibile perdita di un equipaggio nello spazio. Situazione mai affrontata prima. Gene Kranz ha riportato a casa quei ragazzi.

E lo ha fatto con sole tre cose: Informazione, Tempo e Potere.

Coraggio.


domenica 24 settembre 2017

Atti di terrorismo





Nel Post “Mobbing e Codice Penale – Corrispondenza biunivoca scomoda a molti” ho descritto questa struttura della violenza:
  • l’iniziale comportamento ambiguo, paradossale, abnorme, violento o minaccioso finalizzato a destabilizzare la vittima designata;
  • il tentativo di assoggettamento indebito; 
  • la durata nel tempo di una condotta sempre più illegittima dell’aggressore quando esaminata unitariamente; 
  • la reiterazione delle azioni ostili inquadrabili come una forma di terrorismo psicologico (mobbing); 
  • l’esaurimento delle risorse e delle capacità di reazione dell’organismo della vittima designata dopo un tentativo di resistenza inefficace; 
  • un danno da rottura dell’equilibrio psicofisico ingiustamente provocato.
Per inciso “la reiterazione delle azioni ostili inquadrabili come una forma di terrorismo psicologico” è solo una fase della violenza perpetrata ai danni della persona offesa dal reato e, caratteristica peculiare dei terroristi, nei luoghi di lavoro come in una qualunque comunità sociale, è che sono coloro che si servono dei mezzi criminosi non tanto per soddisfare un interesse personale, ma per affermare la validità delle proprie convinzioni, e che siano politiche, sociologiche, religiose, morali non fa alcuna differenza. 

In questo contesto, affermare le proprie convinzioni, significa dimostrare a se stessi che assumere un comportamento opportunista, non rispettare le limitazioni imposte dal legislatore, cercare di prevaricare gli altri al fine di valorizzare se stessi, manipolare, mantenere un basso profilo per evitare responsabilità, tenere nascoste le proprie iniziative illegittime, utilizzare la diffamazione ed il discredito pur di arrivare a denigrare un pericoloso rivale, tramare inganni, mentire, falsificare, omettere, accettare ingiunzioni illegittime da un potere esterno per creare vantaggi di tipo politico, … alla lunga sono la strategia di adattamento esistenziale migliore che poteva essere adottata. 

Chi rispetta le Leggi, chi svolge la propria mansione bene ed onestamente, chi affronta le proprie responsabilità e non si tira indietro, chi svolge al meglio il proprio mandato istituzionale, per costoro, è solo uno stupido, uno che non ha capito niente dell’esistenza.

Chiamare questo terrorismo psicologico può sembrare eccessivo, ma non è così. Nella strategia terroristica, in generale, l’attore colpisce attraverso iniziative particolarmente violente creando, non tanto un danno tattico o logistico come Carl Von Clausewitz ha teorizzato per la battaglia campale, ma modificando in modo traumatico l’impressione che la società ha del nemico. Così, puntando a destabilizzare l’equilibrio emotivo dell’avversario, a minarne le sicurezze, ad isolarlo dalla comunità sociale, la violenza causa distorsioni cognitive in grado di produrre effetti sulla collettività intera. 

Questa strategia è utilizzata anche negli ambienti di lavoro, perché il fine è analogo: eliminare un individuo o un gruppo scomodo, rafforzare la coesione del gruppo dominante, disintegrare l’unità morale del gruppo contrapposto, destabilizzare e far intravedere la distruzione per ottenere l’allontanamento volontario, creare panico, terrore. 

Per essere efficace la strategia terroristica ha necessità di altre due componenti fondamentali: la comunicazione capillare del fatto violento e l’inerzia degli organi istituzionali così da far percepire una sostanziale sfiducia nella loro capacità di garantire l’incolumità del lavoratore. L’azione bellica ha la sua efficacia quando riesce a provocare reazioni emotive traumatiche e/o micro-traumatiche nella vittima designata. 

Quando, nei luoghi di lavoro, accadono eventi riconducibili all’archetipo appena descritto, non è possibile parlare di conflittualità dovuta ad invidia o gelosia professionale. Perché queste sono strategie di guerra. Guerra non convenzionale, guerra psicologica, ma pur sempre guerra.


sabato 16 settembre 2017

Tactical Jacket Molle





Suggerimenti per allestire un Tactical Jacket per le emergenze. Composizione:
  • Indumento di protezione tattico predisposto per il fissaggio di tasche e contenitori m.o.l.l.e., nonché tasche per gli scudi ceramici antiproiettile;
  • Cinturone con chiusura a velcro;
  • Scudo ceramico anteriore antiproiettile livello IV;
  • Scudo ceramico posteriore antiproiettile livello IV;
  • Bussola militare con inclinometro;
  • Fondina cosciale per Pistola semiautomatica calibro 9 mm;
  • Pistola semiautomatica calibro 9 mm, a corto rinculo di canna;
  • Coltello di sopravvivenza con lama in acciaio inossidabile spessore 5,0 mm ed impugnatura in ABS rivestita;
  • Coltello di sopravvivenza chiudibile con lama in acciaio;
  • Coltello tipo Karambit a lama seghettata con attacco per cinturone;
  • Coltello tipo Kukri con lama in acciaio spessore 5,0 mm ed impugnatura in ABS rivestita, con attacco per cinturone;
  • Tasca contenitore con attacco m.o.l.l.e. per caricatore della Pistola semiautomatica calibro 9 mm;
  • Caricatore bifilare per cartucce della Pistola semiautomatica calibro 9 mm;
  • Tasca contenitore con attacco m.o.l.l.e. per caricatore della Pistola semiautomatica calibro 9 mm;
  • Tasca contenitore con attacco m.o.l.l.e. per caricatore della Pistola semiautomatica calibro 9 mm;
  • Torcia elettrica da 1.100 Lumen con corpo in lega di alluminio e corona frangivetro, impermeabile, distanza utile 320 m, durata 280 ore massimo;
  • Torcia elettrica a 3 led da 6.000 Lumen, con corpo in lega di alluminio, impermeabile, distanza utile 380 m, durata 8 ore massimo;
  • Tasca contenitore con attacco m.o.l.l.e. per cartucce calibro 12 per Fucile semiautomatico a pompa;
  • Tasca contenitore con attacco m.o.l.l.e. per cartucce calibro 12 per Fucile semiautomatico a pompa;
  • Tasca contenitore con attacco m.o.l.l.e. per cartucce calibro 12 per Fucile semiautomatico a pompa;
  • Tasca contenitore con attacco m.o.l.l.e. per 2 caricatori per Fucile automatico;
  • Tasca contenitore con attacco m.o.l.l.e. per pacchetto di medicazione;
  • Pacchetto di medicazione;
  • Tasca contenitore con attacco m.o.l.l.e. per utensile multifunzione pieghevole a pinza;
  • Utensile multifunzione pieghevole a pinza;
  • Tasca contenitore con attacco m.o.l.l.e. per contenitore ermetico in acciaio; 
  • Tasca contenitore con attacco m.o.l.l.e. per contenitore ermetico in acciaio; 
  • Contenitore ermetico in acciaio;
  • Contenitore ermetico in acciaio;
  • Bandierina tricolore con velcro.


Post Scriptum
E’ solo un gioco.


domenica 10 settembre 2017

La Violenza Sessuale



La Violenza Sessuale è regolamentata nel nostro Codice Penale. Il testo elaborato dal legislatore è il seguente: “Chiunque con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
    1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
    2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi” (articolo 609 bis del Codice Penale).

Alcune delle circostanze aggravanti sono le seguenti: “La pena è della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all`articolo 609 bis sono commessi:
    1) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici;
    2) con l`uso di armi o di sostanze alcoliche narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa;
    3) da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio;
    4) su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale;
    5) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni sedici della quale il colpevole sia l`ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore.
La pena è della reclusione da sette a quattordici anni se il fatto è commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni dieci” (articolo 609 ter del Codice Penale).

Quindi, si considera Violenza Sessuale, non solo quella esercitata nei confronti di una persona che neghi la sua partecipazione, ma anche quella esercitata nei confronti di persona in condizioni di inferiorità fisica o psichica al momento del fatto.

E’ Violenza Sessuale quando l’atto sia associato ad una qualche forma di costringimento, sia fisico sia psicologico.


sabato 9 settembre 2017

Giudicare per sentito dire




Giudicare per sentito dire è veramente stupido.

Esiste una strategia di guerra che punta a demoralizzare il nemico attaccando la sua reputazione. Esiste da migliaia di anni, non è un’invenzione moderna, ma nessuno sembra ancora aver capito come funziona.

Ho già affrontato questo argomento in vari Post del Blog. Ma rimane da dire come affrontare situazioni fortemente emotive conseguenti a questa forma di aggressione.

Dal mio punto di vista, la cosa migliore da fare è … non fare niente. 

Esempio concreto: in ufficio avete una collega invidiosa della vostra bravura ed ambiziosa? Ogni volta che la lasciate parlare insinua che, vostro marito, se la intende con qualcun’altra, e che non sospettate nulla perché fondamentalmente siete ingenua? Non raccogliere la provocazione è l’imperativo. Continuate tranquillamente la vostra attività. Non lasciate trasparire emozioni. Non vi tocca. Non vi deve assolutamente toccare.

Altro esempio concreto: Spargono maldicenze nel quartiere ove abitate per far in modo che le persone vi siano ostili? Comportatevi così da smentire tale diceria, ma senza esagerare, perché altrimenti si otterrebbe l’effetto opposto. Vi indicano come persone ostili, cattive? Comportatevi in modo naturale, senza mai mostrare aggressività.

Tale strategia di attacco è impossibile da contrastare affrontando il problema in modo diretto, perché sarebbe come affrontare da soli, in campo aperto, una cavalleria ben armata ed addestrata che vi crede profondamente ostile. Ma esistono altri modi per condurre una guerra psicologica. Non cadere nelle trappole preparate dal nemico è già una prima strategia vincente. Dimostrare di avere autocontrollo, autostima e forza, sarà il modo per disarmare gli strumenti inconsapevoli utilizzati dal nemico.

Siccome ci accusano di cose palesemente false, non dobbiamo far altro che demoralizzare noi chi ci è ostile, dimostrando che, le sue armi, non hanno effetto. Potrà convincere gli ingenui, gli sprovveduti, coloro che provano piacere a parlare male del prossimo ma, noi, siamo fatti di ben altra pasta.


sabato 19 agosto 2017

Radice quadrata di due




Antica Grecia. Discussione accesa tra persone istruite. Da una parte Ippaso da Metaponto; dall’altra Pitagora in persona:
  • Ippaso – “Cerca di non considerare il tuo orgoglio ferito. Qui non stiamo argomentando per mettere in difficoltà, deridere o screditare qualcuno. E’ per il bene comune che ricerchiamo la conoscenza …”.
  • Pitagora – “Prendi una mela, Ippaso. Tagliala nel modo che preferisci; una, due, tre volte. Otterrai sempre una frazione. Non possono esistere numeri con caratteristiche diverse. Sei solo tu ad immaginarli …”.
  • Ippaso – “Dai Pitagora, non considerare solo gli oggetti materiali, la Matematica è altra cosa …
  • Pitagora – “Portami una dimostrazione sempre valida e che sia convincente, ed io esaminerò le tue non condivisibili ragioni”.
Un contadino aveva proposto ad Ippaso da Metaponto questo quesito: “Io ho un campo da coltivare per il quale devo utilizzare 60 sacchi di semi. Il campo ha la larghezza di 1 stàdion e la lunghezza di 2 stàdion, quindi è rettangolare. Se il mio campo fosse perfettamente quadrato, ovvero la lunghezza fosse esattamente uguale alla larghezza, e la superficie fosse esattamente la stessa di quella d’adesso, quanto sarebbe lungo il lato del quadrato?”.

Utilizzando i termini matematici convenzionali in uso oggi noi potremmo dire che si tratta di un’area di 2 stàdion quadrati (uno stàdion equivale a circa 177 metri), quindi il lato vale esattamente la radice quadrata di 2 stàdion. Ma estrarre la radice quadrata di un numero significa conoscere ed aver accettato l’esistenza dei numeri irrazionali. Ed, in antica Grecia, prima di Pitagora, nessuno aveva cognizione di questa classe di numeri. 

Il termine “irrazionali” mi ha sconcertato per molti anni. Ho sempre ammirato la purezza della Matematica, è sempre stata la materia che preferivo studiare ed ero affascinato dalla bravura del mio Insegnante; come potevano esistere dei numeri irrazionali? Era un controsenso difficile da accettare. Chi aveva escogitato quel termine totalmente inadatto a dei numeri? Il mistero ha trovato una probabile soluzione solo molti anni dopo. Il termine irrazionale associato ad un numero non significa privo di ragione, in contrasto con la razionalità, ma deriva da una qualche radice che esprime proprio il concetto che non è razionale ovvero ottenibile con una frazione. 

Ippaso da Metaponto ipotizzò l’esistenza di una nuova entità matematica, una classe di numeri che non potevano essere espressi con una frazione. Ma, quando ne parlò con Pitagora le sue idee vennero decisamente contrastate. Per quante ragioni Ippaso riuscì ad escogitare a supporto delle sue convinzioni, Pitagora non volle accettare un’idea così innaturale, lontana dalla pratica quotidiana. E Pitagora non era certamente persona priva di ragione. 

Tornando ai giorni nostri, la violenza perpetrata con la strategia delle sistematiche vessazioni, psichiche e morali, attuata per motivi di lavoro, rappresenta l’equivalente dei numeri irrazionali ma nell’ambito del Diritto. E’ una violenza vera, reale, dimostrabile, ma non è generalmente accettata da chi è abituato a ragionare solo per fatti materiali. 

E’ possibile immaginare in modo astratto questa forma di violenza, come una colonna: dalla base fino a circa quattro quinti dell’altezza, la colonna raffigura il mobbing, ovvero quell’insieme di molestie morali anche gravissime che non sono però riconducibili ad un reato penale tipizzato, compreso nel Codice Penale. La parte rimanente, la più alta della colonna, ritrae veri e propri reati penali per i quali il Diritto già prevede sanzioni. 

Nessuno conosce Ippaso da Metaponto, ma aveva ragione lui.


sabato 15 luglio 2017

Bambini abbandonati al Sole






Ogni Estate leggiamo di bambini che muoiono perché dimenticati nelle autovetture dai genitori. E’ qualcosa di terribile che non deve più accadere.

Da quello che si riesce ad intuire, sembra che sia dovuto ad una concomitanza di piccoli fattori di distrazione: il bambino si addormenta; il seggiolino è posizionato nell’angolo non visibile dal guidatore dell’autovettura perché, sul sedile vicino allo sportello posteriore sinistro, è più comodo da raggiungere e da metterci il bambino; il genitore, quando sale in macchina, sta già mentalmente pensando agli impegni di lavoro che dovrà affrontare; non esiste un doppio controllo sull’arrivo del bambino alla struttura scolastica d’infanzia.

Così ho raccolto suggerimenti che potrebbero essere utili.

In primo luogo alcune donne mi hanno garantito che basterebbe convincere la Mamma ad abituarsi a lasciare la propria borsa accanto al bambino. Poiché una donna non scenderebbe mai dall’autovettura per recarsi al lavoro senza la propria borsa, implicitamente la Mamma verrebbe condizionata a controllare l’eventuale presenza del bambino alla chiusura dell’auto. Ho raccolto anche la testimonianza di un giovane Papà che, analogamente, si è autoimposto di posizionare la sua valigetta 24h nel bagagliaio dell’auto così che, per forza di cose, nel sollevare il portellone deve osservare se il seggiolino è vuoto.

La seconda misura correttiva potrebbe essere quella di posizionare il seggiolino in un punto del sedile posteriore, forse più scomodo, ma sicuramente visibile dallo specchietto retrovisore.

La terza potrebbe essere quella di lasciare il proprio numero di cellulare alla Maestra e dieci Euro di credito telefonico, concordando che, se non avvisata prima, dell’assenza del bambino per quel giorno, lei deve chiamare entrambi i genitori per controllare cosa sta succedendo. Il termine controllare non è propriamente corretto, si tratterebbe di avvertire che, il bambino, non ha raggiunto la struttura ove era atteso. In altre parole, ho deciso che, oggi, mio figlio lo porto dai nonni anziché alla Scuola dell’infanzia? bene, prima però avverto la Maestra di non preoccuparsi. Oppure, la Maestra alle otto e trenta non ha il bambino con se? bene, chiama e mi avverte che il bambino non è arrivato.

C’è un principio che dovrebbe chiarire il perché di questo ultimo suggerimento che, qualcuno, potrebbe vedere solo come un sovraccarico di responsabilità: nel mondo del lavoro, il Datore di Lavoro risponde degli infortuni “in itinere”, ovvero di tutti quegli incidenti che, un proprio collaboratore, potrebbe subire nel tragitto più breve dalla propria abitazione al luogo di lavoro. Il primo Avvocato che denuncerà una struttura scolastica per non aver avvertito che, il bambino atteso, quel giorno è stato probabilmente dimenticato da qualche parte, a mio parere, potrebbe far cristallizzare questo principio.

Con buona pace per tutti coloro che pensano ad una qualche soluzione ipertecnologica per individuare un bambino dimenticato in auto, basterebbe una maggior dose di buon senso e qualche misura organizzativa pensata bene.

martedì 30 maggio 2017

Sono il migliore e mi boicottano





Può capitare, durante la propria carriera, di arrivare a porsi questa domanda: sono il migliore nella mia professione, nel mio ambiente di lavoro, ma non solo non ottengo il giusto riconoscimento dell’impegno che dedico alla mia mansione, ma subisco anche sabotaggi da parte di chi mi dovrebbe sostenere; perché?

A questa domanda sono associabili decine di possibili risposte. Le ragioni per cui questo può accadere sono tantissime. Ne analizzeremo una in particolare.

Supponiamo che Catharina sia la diretta collaboratrice di Hannele, e che Hannele sia una dirigente intermedia in una struttura pubblica per l’impiego con sede a Stockholm (Svezia). Catharina è una persona estremamente professionale ed ottiene ottimi risultati nel suo lavoro. Non è sposata, quindi dedica molto impegno nello svolgere la sua attività; è sempre aggiornata ed affronta le difficoltà, le novità, con lo spirito “perché no?”. Catharina ha altri dodici colleghi e colleghe di pari livello; ognuno ha un suo modo di svolgere la professione, ma nessuno si avvicina anche lontanamente alle sue qualità.

Hannele, invece, è un dirigente mediocre. Non particolarmente adatta a motivare le persone, tende a governare con comportamento autoritario. Ovviamente si prende i meriti dei risultati raggiunti dal suo gruppo, ma nasconde la verità.

Il buon andamento della struttura diretta da Hannele non è dovuto al suo modo di esercitare una leadership, ma dalle capacità, dall’entusiasmo e dalla passione di Catharina. Hannele ne è perfettamente consapevole ma non può accettare e rendere noto questo stato di cose perché, diversamente, si verrebbe a sapere anche della sua sostanziale incapacità di dirigere un’attività tanto delicata. Infatti, gli altri suoi collaboratori, dopo un periodo di tempo relativamente breve, hanno tirato i remi in barca e svolgono solo il minimo indispensabile, sovente commettendo errori ai quali sono poi costretti a rimediare.

Quindi, a fine anno, quando Hannele deve valutare in forma scritta le performance degli impiegati a lei affidati, non riconosce a Catharina quanto merita ma la denigra sistematicamente. Quanto toglie a Catharina, Hannele lo ridistribuisce spalmandolo sugli altri. In questo modo l’attività del gruppo risulterà sostanzialmente positiva ma, abilmente, l’incapacità dirigenziale verrà occultata. 

Così Catharina verrà anche accusata di non impegnarsi a sufficienza, di essere persona egoista, solo desiderosa di mettersi in evidenza. E lei, probabilmente, continuerà a domandarsi perché, pur garantendo la migliore prestazione professionale, i migliori risultati, debba regolarmente sopportare questa ingiustizia.


sabato 27 maggio 2017

L’importanza di conoscere se stessi




Si dice che chi conosce il suo nemico e conosce se stesso, potrà affrontare senza timore cento battaglie. 

Colui che non conosce il nemico ma conosce se stesso a volte sarà vittorioso, a volte incontrerà la sconfitta.

Chi non conosce né il nemico né se stesso inevitabilmente verrà sconfitto in ogni scontro.

La guerra è il Tao dell’inganno”.



Sun Tzu – Sun Pin – L’Arte della Guerra, I metodi militari – Neri Pozza Editore



Parola d’ordine: Reagire!



In ogni guerra vi è una componente psicologica. Per mettere l’avversario nelle peggiori condizioni è preferibile demoralizzarlo, spaventarlo, disorientarlo, umiliarlo, metterlo di fronte ad una condizione in cui si senta impotente. Fa parte dell’arte della guerra. 

Quando i fiorentini, assediati, erano oramai alla fame, decisero un gesto estremo; gettarono dalle mura tutto il pane rimasto, dopo averlo inzuppato con l’acqua al fine di renderlo inutilizzabile, per far credere ai nemici che potevano ancora disporre di abbondanti risorse alimentari. E, durante l’assedio, il 17.02.1530 alcuni nobili della città decisero addirittura di giocare una partita di calcio in costume, ove misero le trombe ancora più in alto sugli spalti per far sentire bene, fuori le mura, come si stavano divertendo. I nemici non caddero nel tranello e non tolsero l’assedio, ma la ricca città non venne saccheggiata, pattuirono una resa.

Anche Achille non è sfuggito a questa regola. Dopo aver ucciso Ettore, trascinò il suo corpo legato al carro per tre giri intorno a Troia assediata. In modo che suo padre Re Priamo, ed i difensori, vedessero bene che fine aveva fatto il loro più valoroso guerriero. 

Achille – “O cari, guide e capi degli Argivi,
poi che quest’uomo gli Dei m’han dato d’abbattere,
che molti mali ci ha fatto, quanti non gli altri insieme,
su presto, giriamo armati intorno alla rocca,
per sapere i disegni dei Teucri, se pure ne hanno,
se lasceranno l’alta città, caduto costui,
o vogliono resistere, pur non avendo più Ettore …”.
(Iliade di Omero – XXII 378-384 – Rosa Calzecchi Onesti)

Comprendere che le offese, le vessazioni, le maldicenze, la comunicazione paradossale sono un modo di fare la guerra a qualcuno, non è così evidente a chi ne diviene vittima. Per questo è fondamentale non offrire il fianco al nemico e reagire. Terrorizzando, demoralizzando ed umiliando l’avversario, il persecutore ne inibisce il comportamento a proprio vantaggio.


domenica 21 maggio 2017

Pittori della Domenica




Eccoli lì, lungo le strade,
come a cercare segrete plaghe.
Le mogli a casa, sempre arrabbiate,
per qualche ora le hanno ... ripudiate.

Generalmente, han sguardi buoni,
sovente ingenui e un po’ da bambinoni.
C’è sempre in loro un po’ di dramma,
a capirli è solo la loro ... mamma.

Pittori della domenica …

Eccoli lì, con gli occhi attenti,
a radunare di sé, mille frammenti.
Dispersi in giro per l’eternità,
da una particolare sensibilità.

- Oggi vien male questo celeste.
- Ma no, è il ricordo delle tue,
delle tue tempeste.


C’è sempre in loro un po’ di scena
di amore e morte è un’altalena.


Paolo Conte – CGD
Dall’album Tournée - 1993

Una accresciuta percezione delle proprie capacità





Il mio è solo un sospetto. Non ho la possibilità di dimostrare questa tesi. Ma sono fermamente convinto che esiste una condizione mentale nella quale, pur con i nostri limiti umani, riusciamo a rendere al meglio delle nostre possibilità. 

E’ la condizione che sperimentano i Musicisti quando compongono un brano musicale. E’ la condizione che sperimentano i Poeti, i Pittori, e coloro che, con la loro immaginazione, fantasticano su un’innovazione, su una diversa organizzazione dello spazio.

In un film molto conosciuto, basato su una vicenda realmente accaduta, c’è la scena di un padre che si addormenta e sogna qualcosa che si rivelerà la soluzione ad un problema che la sua mente razionale non riusciva a definire così chiaramente. L’idea non gli è arrivata dall’esterno, è stata la sua stessa mente a produrla, e così riuscirà a trovare un alimento in grado di migliorare le condizioni di salute di suo figlio. Anche un Musicista raccontò di aver sognato una sinfonia meravigliosa che riuscì a riprodurre, solo in parte, al suo risveglio.

Negli anni ’60 del secolo scorso, alcuni gruppi musicali che si cimentavano con le chitarre elettriche, impiegarono tipo dieci giorni per realizzare abbastanza brani musicali per pubblicare una nuova raccolta. 

Questo stato mentale, questa aumentata percezione, assorbe completamente l’individuo che finisce per perdere la cognizione del tempo.

Nella biografia di Michelangelo Buonarroti vi è il racconto di come, l’Artista, durante la realizzazione degli affreschi alla volta della Cappella Sistina a Roma, lavorò praticamente di getto, in sostanziale solitudine, spesso addormentandosi sugli impalcati per lo sfinimento. Una volta cadde durante il sonno, rompendosi una gamba; dovettero entrare dalla finestra del suo alloggio per curarlo, perché si era chiuso dentro e non voleva vedere nessuno. E’ necessario ricordare poi che, Michelangelo, non considerava se stesso un Pittore, ma si definiva Scultore, eppure realizzò un’opera straordinaria.

Secondo quanto io stesso ho sperimentato, una accresciuta percezione delle proprie capacità non è necessariamente legata a qualcosa di grandioso. Ne siamo venuti a conoscenza perché delle grandi opere si descrivono e divulgano anche gli aspetti ritenuti minori, ma può accadere a tutti.

Può capitare durante un esame. Ci chiedono di risolvere un problema o di trattare un argomento che conosciamo bene perché ci appassiona, ed andiamo a ruota libera perdendo la cognizione del tempo e di tutto ciò che ci circonda. Può capitare mentre stiamo realizzando un’attività sportiva, e realizziamo l’impresa di cui, noi stessi, non ci saremmo mai ritenuti realmente capaci. Può capitare mentre svolgiamo il nostro lavoro, ed in ogni altra occasione che possiamo immaginare.

C’è un episodio che potrebbe essere associato a questo stato mentale che, a me, piace ricordare. Nel mese di Aprile del 1982, vi fu un evento tragico in una cittadina umbra. Durante una mostra sull’Antiquariato organizzata all’interno di un edificio, si sviluppò un incendio. Decine di persone rimasero intrappolate nei piani alti della struttura. Le finestre al piano terra avevano inferriate impossibili da forzare e le uscite di sicurezza erano bloccate. Per strada, poco distante, c’era uno di quei camioncini che vendono la frutta e la verdura alle persone che passano; una di quelle attività che ancora oggi è possibile vedere, persone che magari provengono da un’altra regione e vendono direttamente ciò che hanno coltivato. Il commerciante vide che vi erano persone affacciate alle finestre alte del palazzo impossibilitate a saltare per la notevole altezza e vide il fumo. Con una prontezza indescrivibile a parole, accostò il camioncino all’edificio ed iniziò ad urlare alle famiglie che abitavano nella via, di gettare i materassi dei propri letti dalle finestre. Alcune famiglie, pensarono bene di gettare anche i cuscini dei divani, avrebbero potuto essere comunque utili. Lui raccolse quei materassi, quelle coperte, quei cuscini, e li posizionò sul pianale del suo automezzo. 

Nell’edificio ove si stava rapidamente propagando l’incendio, vi erano circa 130 ÷ 150 persone. Iniziarono a saltare da una finestra sul pianale di carico del camioncino, e così in molti si salvarono.

Una persona totalmente priva di cognizioni di sicurezza, di come intervenire in emergenza, quel giorno realizzò un capolavoro. 

Esiste realmente la condizione in cui si manifesta una accresciuta percezione delle proprie capacità? Non lo posso dire con certezza. A me piace pensare di si.

Ogni volta che mi capita di ripensare a ciò che ha realizzato quel venditore ambulante di frutta e verdura, mi cadono le lacrime.


lunedì 1 maggio 2017

Promozione laterale



Una delle tecniche per allontanare una figura scomoda all’interno dell’organizzazione lavorativa, è quella di promuoverla in una posizione diversa, un ramo laterale dell’azienda o della istituzione. In pratica un binario morto.

La figura scomoda non è detto che sia un pessimo dirigente, un coordinatore incapace, un lavoratore pasticcione, anzi, spesso è scomoda perché è onesta, preparata. Quindi scomoda per l’arrivista di turno che vorrebbe sfruttare l’allontanamento mascherato da promozione, per caldeggiare se stesso.


lunedì 24 aprile 2017

Paura



"Ma quale paura?
Nel mio vocabolario non esiste questa parola, a meno ché non si tratti di un errore di stampa".


Antonio De Curtis - Totò


sabato 15 aprile 2017

Utilizzare le e-mail per comunicare




L’impiego della dialettica per nascondere le vere ragioni di un evento, è strategia tipica dei manipolatori. 

Esaminiamo una delle tecniche più semplici: l’Ampliamento.

Siamo in un grande cantiere in una località marittima. E’ in costruzione una nave per il trasporto di cereali estremamente sofisticata. La direzione aziendale ha deciso di puntare molto sulla tecnologia e sulla qualità per poter acquisire ordini. La concorrenza si fa sempre più decisa ed è necessario offrire un ottimo prodotto per mantenere le quote di mercato. 

La discussione nasce tra due tecnici, Göte ed Erling, addetti alle dotazioni di sicurezza dello scafo. L’oggetto del contendere è il ruolo di una terza persona, Ingvar, dirigente della ditta e braccio destro del datore di lavoro.

Göte – “Sono abbastanza preoccupato per come verranno prese le decisioni nei prossimi giorni. I prodotti per la sicurezza dell’equipaggio sono arrivati e possiamo installarli, ma io ho qualche perplessità sulle reali caratteristiche di ciò che abbiamo acquistato”.

Erling – “I prodotti hanno tutte le certificazioni in regola. E poi Ingvar è molto preparato in tema; avrà sicuramente acquistato quanto di meglio offre il mercato”.

Göte – “Non è stato Ingvar a fare l’ordine. Non sono sue scelte. Quando c’è da spendere tanto denaro, il Capo se ne occupa in prima persona”. 

Erling – “In ogni caso Ingvar è persona scrupolosa. Lo conosco da molto tempo. Non credo ci saranno problemi”.

Göte – “Invece io sono seriamente preoccupato perché Ingvar non ha gestito lui il tutto. C’è la concreta possibilità che gli abbiano consegnato solo le certificazioni. Per farlo stare tranquillo. Così da metterlo in una condizione emotiva sì di timore, ma anche nell’impossibilità di poter contraddire il Capo apertamente”. 

Erling – “Ho lavorato con Ingvar anche ad altri progetti. Ad averne di persone come lui. E’ veramente molto bravo. Sei tu che stai esagerando”.

Göte – “Io non sto parlando della sua preparazione o professionalità. Io dico che, poiché è stato il suo superiore gerarchico a fare gli ordini, colui che lo ha assunto e che lo può licenziare quando vuole, forse … non ha totalmente quella serenità d’animo per dirgli esattamente quello che pensa”.

Erling – “No. Invece stai denigrando il suo lavoro. Ingvar è Ingegnere e si è laureato con il massimo dei voti. Ha partecipato anche ad altre realizzazioni e non gli ho mai visto fare un errore. Allora dovremmo andare a rivedere le dotazioni anche delle altre navi che abbiamo varato in tutti questi anni. Se uno ascoltasse le tue idee stravaganti … “.

Göte – “Ma che stai dicendo?”.

Erling – “Sei tu quello che non è capace di valutare. Stai sempre a lamentarti di tutto. Non ti va bene mai nulla. Allora perché non rimettiamo in discussione anche la qualità degli impianti di illuminazione? E poi, perché non andiamo a verificare i motori e gli impianti di refrigerazione?” 

Göte – “Guarda che io non discuto le qualità umane o professionali. Io temo che, questa volta, non lo hanno messo nelle condizioni di poter esercitare un controllo …”.

Erling – “Se fosse vero quello che sostieni, allora, tutte le navi come la nostra sarebbero mal equipaggiate. Centinaia di navi da riportare a secco per le modifiche, visto quanti ne hanno prodotti …”.

Di che cosa stanno parlando Göte e Erling? 

Göte è tormentato per delle ragioni che potremmo tranquillamente condividere. Deve installare materiale che potrebbe non essere all’altezza degli standard di qualità. Ma, quando ne parla con Erling, non riceve una qualche rassicurazione, anzi l’altro finisce per confutare sistematicamente le sue argomentazioni con una tecnica puramente dialettica. Infatti Erling non entra mai nei parametri tecnici, non discute le caratteristiche dei prodotti, ma ingigantisce le affermazioni dell’altro per farle apparire assurde o paradossali.

Per quanto possa sembrare inverosimile descritta così, questa tecnica è particolarmente efficace ed è abbastanza comune. Resta comunque il fatto che è solo un modo per vincere la disputa, un modo di trasformare una comunicazione collaborativa in comunicazione competitiva, ove uno deve uscire sconfitto e denigrato per le sue convinzioni.

Un possibile rimedio potrebbe essere quello di comunicare, ad esempio, con la posta elettronica. E' più facile bloccare questa comunicazione deleteria.


venerdì 7 aprile 2017

Distruttori di carriere



Tipicamente nelle pubbliche amministrazioni di tutti i Paesi, ma spesso anche nelle multinazionali, è possibile incontrare la figura del “Distruttore di carriere”.

Anche se non è una regola sempre valida, in certi ambienti di lavoro la figura del manager intermedio è quella tipizzata dell’arrivista approfittatore, ovvero di una persona spregiudicata a cui interessa solo la propria progressione di carriera. Per costui non ha importanza il bene dell’attività che gli è stata affidata, né il benessere dei propri collaboratori o la soddisfazione dei clienti; per questa persona è importante solo guadagnare di più, acquisire prestigio, professionale e sociale. Per poter raggiungere i propri obiettivi manifesta palesemente una certa disponibilità a premiare chi lo aiuterà, chi sosterrà ad ogni costo la sua candidatura a direttore generale, ad amministratore delegato, chi lavorerà per metterlo in mostra.

A questo punto entra in gioco il Distruttore di carriere.

Il Distruttore di carriere è il collaboratore che approfitta a sua volta della situazione. Siccome non ha grandi capacità intellettive, non è frenato dai dubbi, dalle perplessità, anzi infonde sicurezza mostrandosi sempre deciso, brillante, preparato, abile nel comunicare a suo comodo, a nascondere gli errori. Poiché per emergere deve puntare a queste sue abilità, cercherà di ingraziarsi il manager intermedio mostrando un percorso che permetterà di porre l’attività del reparto sotto i riflettori. Per valorizzare se stesso deve, al contempo, gettare discredito sui suoi colleghi più preparati. Questo perché il manager intermedio deve scegliere lui come la figura da seguire, da valorizzare, da mettere in evidenza, e deve sostanzialmente disprezzare gli altri collaboratori.

A volte il Distruttore di carriere riesce a coinvolgere anche altri collaboratori nel suo disegno ma, da solo o a capo di un gruppetto di eletti, la sua strategia non cambia.

Questo meccanismo è piuttosto complesso e funziona più o meno così: poiché il genio, l’innovatore, la persona dotata di una inattaccabile integrità morale, in ambito lavorativo sono costrette spesso a dissociarsi dall’andazzo generale, il manager intermedio inizia a diffidare di costoro come collaboratori. Evidentemente perché, agendo nell’interesse dell’Istituzione o della multinazionale, non agiscono per favorire la carriera di nessuno. Al contempo, tale manager, viene abilmente abbindolato da altri che lo gratificano con continui elogi, lo rassicurano, lo sostengono nelle controversie, sminuendo gli oppositori. Saranno poi questi ultimi a raccogliere i suoi favori.

Il manager intermedio diviene inconsapevolmente strumento a sua volta. Non arrivando a percepire il raggiro, finisce per affidare le sue decisioni più importanti ai consigli interessati del Distruttore di carriere che, limitato nelle sue capacità professionali, nella stragrande maggioranza delle volte lo conduce al disastro. 

Quello che sorprende di più, chi si trova coinvolto in queste vicende lavorative, è che il Distruttore di carriere riesce sempre a cadere in piedi. Infatti accade che il manager intermedio, fin proprio alla fine del suo incarico dirigenziale, resti del tutto ignaro della manipolazione subita e finisca per accusare della sua mancata promozione chi, in realtà, ha fatto bene il suo lavoro. Questo è dovuto al fatto che, il Distruttore di carriere, nella sua attività di denigrazione dei colleghi in anticipo ha indirizzato verso costoro il disprezzo e le ire del manager. Il manipolato non lo comprende ma lui è perfettamente consapevole che la disfatta è sostanzialmente opera sua, ed è abbastanza furbo da preparare per tempo il falso bersaglio, il capro espiatorio.

Quelle strutture lavorative che subiscono l’attività parassitaria appena descritta vengono sconvolte. Ma ancora la comunità sociale non ha compreso che il danno è di tutti, perché un’azienda in piena salute contribuisce a creare posti di lavoro, a far crescere l’economia del Paese. Così ci potrà capitare di incontrare per strada uno di questi Distruttori di carriere che cammina a testa alta e raccoglie la stima delle persone ignare, di coloro che non conoscono le dinamiche di potere che si creano negli attuali posti di lavoro.

domenica 2 aprile 2017

Atti persecutori e Codice Penale



Articolo 612-bis Codice Penale

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio”.

Il delitto, di cui all'articolo 612-bis Codice Penale, è da ritenersi plurioffensivo; infatti tutela non solo la libertà morale della persona ma, anche, la tranquillità e la serenità psicologica.

Presidente Mujica



"Se vuoi essere libero devi essere sobrio nei consumi. L'alternativa è farti schiavizzare dal lavoro per permetterti consumi cospicui, che però ti tolgono il tempo per vivere".


Questa frase viene attribuita a José Alberto Mujica Cordano – 40° Presidente dell’Uruguay

sabato 1 aprile 2017

E se avessimo ragione noi?




Ho deciso di scrivere questo post, anche se può creare fraintendimenti. Anzi, sono sicuro che li creerà, ma andava fatto.

Alla voce “Paranoia” corrisponde la seguente definizione: Psicosi caratterizzata dallo sviluppo di un delirio cronico, coerente, che evolve lentamente lasciando integre le restanti funzioni psichiche. Il Paranoico è il narcisista estremo per eccellenza. Il Paranoico è convinto che tutto debba naturalmente girare intorno a lui e che, gli altri, faranno di tutto per impedirlo, tramando alle sue spalle.

E’ facile confondere questo disturbo della personalità con qualcos’altro che si verifica agli individui più sensibili, ai generosi, alle persone intelligenti, capaci. 

Se certi comportamenti disinvolti sono condizione naturale per un gran numero di persone, avrete notato che, per alcuni, sono un modo di fare assolutamente evitato. Perché costoro non socializzano facilmente? Perché devono fare le cose “a modo loro”? Perché non si lasciano mai andare, anche quando potrebbero tranquillamente? Perché hanno uno stile di vita così controllato? 

Con un’analisi superficiale è difficile dare una risposta a queste domande. Normalmente queste persone, un po’ troppo riottose, litigiose, complicate, vengono giudicate mentalmente disturbate, paranoiche. In fondo sembra che si facciano problemi che, gli altri, non si fanno. Sembrano vivere in un mondo proprio.

Ma non è così.

Queste persone subiscono ostilità istintive nei normali rapporti interpersonali. Noi non ce ne accorgiamo, ma loro si. E’ la condizione della ragazza bellissima che subisce l’ostilità velata delle coetanee. Tu non te ne accorgi, ma lei si.

E’ la condizione della studentessa brillante, della musicista talentuosa che subisce l’inimicizia dei pari corso. I genitori non se ne accorgono, ma lei sta cambiando.

E’ la condizione della donna manager o della showgirl che deve sopportare continue insinuazioni per il ruolo che ha raggiunto. Suo marito non se ne accorge ma, a lei, hanno creato un ambiente avverso.

Ecco perché non si comportano come la maggioranza degli individui. Il trattamento che la comunità sociale gli riserva è diverso. E' realmente diverso. 
Se noi facciamo un errore possiamo rimediare; se lo fanno loro, anche una inezia viene amplificata al punto che sembra cadere il mondo. Noi possiamo raccontare tranquillamente dove andremo in vacanza in estate, loro no; se lo fanno rischiano di fornire informazioni che gli si ritorceranno contro.

Tutto questo, dall’esterno, non lo si percepisce. Ma non è paranoia, è la quotidianità di persone normalissime su cui, altri, scaricano le proprie frustrazioni, la propria invidia, le proprie gelosie.


Le Ragazze dell’Est



Nei mattini pallidi ancora
imburrati di foschia
risatine come monete
soffiate nei caffè
facce ingenue appena truccate 
di tenera euforia
occhi chiari, laghi gemelli,
occhi dolci e amari.

Le ho viste ...
fra cemento e cupole d'oro
che il vento spazza via
sotto pensiline che aspettano
il Sole e il loro Tram
coprirsi bene il cuore in mezzo a sandali e vecchie
camicie fantasia
e a qualcuno solo e ubriaco
che vomita sul mondo.

Io le ho viste portare fiori
e poi fuggire via
e provare a dire qualcosa
in un italiano strano
io le ho viste coi capelli di sabbia
raccolti nei foulards
e un dolore nuovo e lontano
tenuto per la mano.

Io le ho viste che cantavano
nei giorni brevi di un'idea
e gomiti e amicizie intrecciati per una strada
io le ho viste
stringere le lacrime di una
primavera che non venne mai
volo di cicogne con ali di cera
ancora io le ho viste …

Far la fila con impazienza
davanti ai gelatai
quando il cielo stufo d'inverno
promette un po' di blu
piccole regine fra statue di eroi e di operai
lievi spine d'ansia nei petti
rotondi e bianchi.

Le ho viste eccitate e buffe
e sudate per la felicità
negli alberghi dove si balla
gridare l'allegria
e bere birra e chiudere di fuori
la solita neve e la realtà
e ballare alcune tra loro
e ballare e poi ballare.

Le ho viste …
nelle sere quando son chiuse
le fabbriche e le vie
sulle labbra vaghi sorrisi
di attesa e chissà che
scrivere sui vetri ghiacciati
le loro fantasie;
povere e belle donne
innamorate d'amore e della vita

Le ragazze dell'Est.



Claudio Baglioni – CBS
Dall’album Strada Facendo - 1981

domenica 19 marzo 2017

Sentenza esemplare




A tutti coloro che si apprestano a denunciare avanti ad un Giudice le vessazioni subite, mi sento di poter dare un suggerimento: citate sempre questa Sentenza.

Va in generale osservato che le controversie dirette ad accertare fattispecie di mobbing comportano per loro stessa natura una penetrazione psicologica dei comportamenti, al di là di atti che possono presentarsi anche come legittimi e inoffensivi, in modo da indagarne il carattere eventualmente vessatorio, ossia dolosamente diretto a svilire, nuocere o ledere la dignità personale e professionale di un dipendente. La coscienza e volontà del mobber si pone rispetto al fatto non solo come elemento essenziale e costitutivo dell’illecito, ma come elemento idoneo persino a darvi significato: in altri termini, senza il dolo specifico del mobber gli atti potrebbero tutti apparire legittimi e leciti. Va infatti evidenziato che, come in altri casi, anche in quello in esame, i comportamenti adottati dal mobber non si estrinsecano sempre e necessariamente in conclamati soprusi, ma spesso si nascondono, in modo più sottile e insidioso, in provvedimenti che il […] giustifica in forza del suo potere-dovere di controllo e di organizzazione dell’ufficio e del personale; in sé considerati, isolatamente nel tempo e nello spazio gli uni dagli altri, potrebbero a una visione superficiale o ingenua apparire inoppugnabili, indiscutibili, volti unicamente a garantire un servizio, e quindi legittima manifestazione del potere-dovere organizzativo e disciplinare del dirigente, proposto dal datore di lavoro alla gestione del personale. La loro reale natura di atti vessatori è tradita e svelata da una serie di elementi quali la frequenza, la sistematicità, la durata nel tempo, la progressiva intensità, e, sopra e dentro tutti, la coscienza e volontà di aggredire, disturbare, perseguitare, svilire la vittima, che ne riporta un danno, anche alla salute psico-fisica” (cfr. Tribunale di Trieste, sezione lavoro, Sentenza del 10.12.2003).

Perché, anche un complimento, dato avanti ad una platea di uditori, può servire a suscitare invidia.

Campagna di insinuazioni





L’idea di scrivere questo Post è arrivata grazie ad un articolo sui media riguardante un rappresentante delle forze dell’ordine, di un Paese appartenente alla comunità europea.

La vicenda narra di un funzionario che evidenzia ai propri superiori delle anomalie. Dal centro di elaborazione dati risulta che, delle partiche che vengono istruite, solo una parte arriva a naturale chiusura, molte altre inspiegabilmente spariscono.

Quello che succede dopo è emblematico; anziché premiare la sua onestà, l’amministrazione gli preclude la possibilità di accedere, tramite computer, all’archivio centralizzato. Il problema non sono le pratiche svanite, la disparità di trattamento dei cittadini, la possibile corruzione. Il problema è lui.

A questo punto le cronache parlano di una vera campagna di insinuazioni montata contro di lui per screditare le denunce sulla corruzione presente nel suo ambiente di lavoro.

Noi, questa attività, la chiamiamo con una espressione figurata “macchina del fango”. 

Nessuno ha mai visto una macchina del fango, ma il termine rende bene l’idea.

Così, mentre da un lato sei convinto di aver fatto esattamente il tuo dovere per un mondo migliore, ti ritrovi aggredito dalla stessa struttura gerarchica che, al contrario, non solo è tenuta ai tuoi stessi doveri nei confronti della collettività, ma dovrebbe anche difenderti.

Quello che stupisce, in realtà, è un’altra cosa. Come è possibile che queste strategie subdole vengano attuate, identiche, in Paesi diversi, con culture diverse, ordinamenti diversi? E’ come se esistesse un circolo delle bocce con collegamenti in svariati luoghi del Mondo, che sappia istruire le figure di potere su come reagire per nascondere la corruzione, il disfacimento delle democrazie, la rovina delle comunità sociali, l’arretramento culturale.

Perché organizzare una campagna di insinuazioni montata contro un funzionario onesto della pubblica amministrazione, per screditare le sue denunce sulla corruzione, sulla spartizione del potere, sulle violenze psichiche e morali, non è una cosa semplice da fare ma, soprattutto, non è una cosa che può essere organizzata da una singola persona.

Come risulta evidente, ancora una volta la violenza è nella comunicazione.

venerdì 10 marzo 2017

Curare le piante in casa fa bene



Si narra che il primo ad accorgersi di questa proprietà benefica delle piante sia stato un Medico. Costui aveva notato che, i pazienti ricoverati in una stanza della Clinica la cui finestra dava su un giardino molto ben curato, mediamente guarivano prima. Non sono in grado di dirvi con certezza se sia vero, a me piace però pensarlo. 

Curare le piante in casa permette diversi vantaggi. In primo luogo avere le piante in casa rende l’abitazione più accogliente e rilassante. Oltre a ciò, essendo esseri viventi con le loro specificità, inducono le persone ad acquisire una maggiore sensibilità. Non ultimo, nel momento in cui togliamo le foglie secche, annaffiamo, leghiamo, dissodiamo il terriccio, eseguiamo la potatura, la nostra mente disattiva temporaneamente l’emisfero sinistro del cervello, la parte razionale; ci liberiamo dei pensieri intrusivi.

Curare le piante in casa fa bene ... alle persone.


giovedì 9 marzo 2017

Ridurre lo Stress




Una moderata condizione di Stress è salutare e, le persone impegnate al lavoro, in questa condizione danno il meglio di loro stesse. Generalmente questo principio vene ricordato con il nome Legge di Yerkes-Dodson. Volendo approfondire, la condizione di Stress ottimale per poter compiere una mansione, viene definita Eustress; mentre un’attivazione insufficiente o eccessiva viene definita Distress. L’Eustress è positivo; il Distress è negativo. In altre parole, gli studi di due Psicologi di Harvard, il Dr. Robert M. Yerkes ed il Dr. John D. Dodson, hanno permesso di appurare che esistono tre intervalli diversi di attivazione del nostro organismo: un livello minimo, uno ottimale ed uno massimo. Tutto dipende dal compito che ci è stato affidato, dalle risorse che abbiamo a disposizione, dal potere che ci è stato devoluto per ottenere i risultati attesi, dal livello di collaborazione su cui possiamo contare, dal tempo disponibile, dal livello della nostra formazione.

A molti di noi è capitato di arrivare a superare il livello ottimale di attivazione, e di essere finiti in una logorante condizione di Distress per lungo tempo. 

Perché siamo arrivati a questo senza rendercene conto? 

Non esiste una sola possibile risposta. Ma proviamo ad analizzare quanto è accaduto immaginando di aver tirato troppo la corda perché ci avevano messo in uno stato di ansia insopportabile, ci avevano giurato che avremmo perso il mostro impiego se non ci fossimo adeguati alle ingiunzioni indebite con forza presentate.

In uno stato di forte ansia, il nostro organismo attiva significativi cambiamenti fisiologici:

· Le ghiandole Surrenali producono un ormone, il Cortisolo, che raggiunge vari organi del nostro corpo attraverso il sangue; 
· Il sistema immunitario rallenta, si indebolisce, il corpo concentra tutti i suoi sforzi in preparazione alla fuga; 
· Il sangue è dirottato ai muscoli volontari, particolarmente ai muscoli degli arti inferiori ed una quantità minore di sangue affluisce al viso ed agli organi interni; 
· Il respiro si fa più frequente e le narici ed i polmoni si espandono, aumentando la quantità di Ossigeno disponibile per i muscoli, inoltre il ritmo cardiaco e la pressione sanguigna aumentano in modo da trasportare velocemente l’Ossigeno e il nutrimento richiesti dai muscoli; 
· I muscoli si tendono preparandosi ad una risposta veloce; 
· Il sangue aumenta la sua capacità di coagulare aumentando le piastrine, cosicché nel caso di ferita si riduce la perdita di sangue; 
· Aumenta il sudore per contrastare il surriscaldamento dovuto ad una grossa attività fisica, ed i vasi sanguigni si dilatano in vicinanza della pelle per raffreddare il sangue; 
· La mente si concentra sul pensiero "Qual è il pericolo e come posso evitarlo?" e ignora tutto il resto; 
· La digestione viene alterata, a volte si ferma, la bocca si fa secca e produce meno saliva; 
· Talvolta sopraggiungono strani crampi ai muscoli delle gambe per carenza di Magnesio e Potassio, il cui fabbisogno cresce di molto.

Il nostro organismo può sopportare questa condizione “di allarme” solo per periodi brevissimi. Per questo una persistente condizione di forte ansia logora il nostro organismo, direttamente ed indirettamente.

Direttamente per i cambiamenti fisiologici appena descritti. Indirettamente perché, magari, anziché la fuga, scegliamo di lottare, il ché significa un impegno esagerato nei nostri compiti lavorativi. Una super attivazione molto oltre quella ottimale. 


martedì 7 marzo 2017

Proiettano sugli altri la propria inadeguatezza




Talvolta, in certi ambienti di lavoro, si costituisce un nucleo di narcisisti a controllo dell’andamento dell’attività lavorativa. Lo scopo è quello di valorizzare al massimo le particolarità del nucleo ristretto ed, al contempo, controllare che nessun altro possa emergere dalla mediocrità volutamente imposta.

Noccolò Machiavelli chiamava questa attività “tenere a bada i meno potenti, senza accrescerne il potere” ed, agli altri, “impedire di conquistare una buona riputazione”.

Se riescono ad instaurare questo regime è particolarmente difficile rovesciare la situazione, anche se questo stato di cose sta per portare al disfacimento dell’Impresa, della Multinazionale o dell’unità produttiva. Perché nascondono abilmente questa strategia perversa anche alle figure di responsabilità. In genere, quando il datore di lavoro si accorge di questo stato di cose, è troppo tardi per rimediare anche con misure drastiche; i dirigenti intermedi, poi, tollerano questa diffusa pratica perché vengono convinti che è tutta a loro vantaggio. 

Può però accadere che, per una qualche variabile incontrollabile, il nucleo di narcisisti a controllo finisca per combinare un disastro. Quale sarà la loro reazione?

Questi perfetti incapaci agiranno su due direttrici convergenti: in primo luogo trascineranno le figure di responsabilità per coinvolgerli nel disastro, in modo che operino per minimizzare quanto accaduto perché emotivamente coinvolti e corresponsabili; in secondo luogo si adopereranno per creare una qualche altra situazione estremamente negativa da addebitare al personale coscienzioso, per distrarre e rimarcare comunque la loro superiorità.

Per un narcisista è normale proiettare le proprie mancanze, le proprie inadeguatezze, sugli altri. Lui non è mai responsabile degli eventi sfavorevoli.

Così, in molti ambienti di lavoro, le brave persone sono terrorizzate delle possibili conseguenze delle iniziative di certe figure. Perché, questi perversi, qualunque cosa accada, finiranno per gettare discredito su chi lavora bene ed onestamente; a maggior ragione se non otterranno quei risultati gratificanti tanto attesi. E questo sarà sempre più vero se la loro attività professionale si dimostrerà disastrosa. Perché desiderano fortemente restare sempre sul gradino più in alto.

venerdì 3 marzo 2017

Classificazione tematica



Approfondiamo ancora in tema di Violenza perpetrata con la strategia delle sistematiche vessazioni, psichiche e morali, attuata per motivi di lavoro.

Se decidiamo di dare battaglia in un’aula di giustizia, suggerisco di dividere le prove raccolte nei seguenti insiemi:

1. Attribuzione di compiti esorbitanti od eccessivi e, comunque, idonei a provocare seri disagi in relazione alle condizioni psicofisiche del lavoratore;
2. Calunnie e dicerie malvagie;
3. Pressioni o molestie psichiche;
4. Critiche immotivate ed atteggiamenti ostili;
5. Maltrattamenti verbali ed offese personali;
6. Delegittimazione dell’immagine anche di fronte a colleghi o a soggetti estranei all’Impresa, ente o amministrazione;
7. Attribuzione di compiti dequalificanti in relazione al profilo professionale posseduto o alla mansione di contratto;
8. Esclusione od immotivata marginalizzazione dell’attività lavorativa, oppure svuotamento delle mansioni;
9. Minacce o atteggiamenti intimidatori;
10. Impedimento all’accesso alle informazioni inerenti il lavoro e l’aggiornamento professionale;
11. Esercizio esasperato di forme di controllo;
12. Atti vessatori correlati alla sfera privata.

Può accadere che le prove che abbiamo raccolto possono essere sufficienti solo per una o due voci di questo elenco. E’ la realtà di tutti, non stupitevi. Sappiamo bene che è estremamente difficile riuscire a provare, ad esempio, gli atteggiamenti ostili perpetrati con il linguaggio non verbale. 

Non ha importanza. Una testimonianza convincente ad integrazione, può anche bastare, dipende dalla sensibilità del Giudice.

A questo punto dobbiamo però appurare se, quanto è stato organizzato ed attuato a nostro danno, sia riconducibile ad un reato penale. Se nessuna voce supera la soglia di un qualunque articolo del Codice Penale, stiamo probabilmente subendo mobbing, ed il nostro Avvocato avrà argomenti solo per una denuncia finalizzata al risarcimento del danno.

martedì 28 febbraio 2017

Theodore Roosevelt



"La miglior ricompensa che la vita possa offrire ad un uomo, è l'opportunità di dedicarsi con impegno ad un lavoro che meriti davvero di essere svolto". 


Questa frase è generalmente attribuita a Theodore Roosevelt

lunedì 27 febbraio 2017

Agenti provocatori




Nella Violenza perpetrata con la strategia delle sistematiche vessazioni, psichiche e morali, attuata per motivi di lavoro, lo psicopatico utilizza ad arte gli agenti provocatori. Non è una regola ma, nella stragrande maggioranza dei casi, è così.

Gli agenti provocatori sono soggetti impiegati da una figura che preferisce non agire direttamente; operano per procurare un qualche vantaggio tattico al mandante, spingendo la vittima a reagire violentemente oppure a commettere un errore. Più in generale il loro tipico scopo è quello di provocare discredito a scapito della vittima, sovente spingendola in modo subdolo a danneggiarsi da sola.

Poiché non possiamo sapere quali sono le reali intenzioni di chi abbiamo di fronte, se sospettiamo che sia un agente provocatore comportiamoci di conseguenza. 

L’imperativo è: non reagire!

Non solo non ti concedo il vantaggio tattico di farmi vedere che discuto con una moltitudine di persone, che sbatto le porte, che lancio gli oggetti in aria, mentre tu psicopatico sei ammirato e benvoluto qualunque cosa fai; ma ti dimostro anche la mia forza d’animo. Perché io e te sappiamo che sono, o potrebbero essere, agenti provocatori, ma io farò fallire il tuo piano e tu non potrai farci nulla.

L’assedio di Troia non è finito grazie alla forza di Aiace, oppure grazie alla bravura di Achille nell’uso delle armi, oppure ancora alla determinazione di Agamennone; l’assedio di Troia si è concluso grazie all’astuzia di Ulisse.