venerdì 22 agosto 2014

Le provocazioni inumane del narcisista patologico



In certi ambienti di lavoro le provocazioni, le accuse ingiuste, le maldicenze sono la realtà quotidiana che le persone coerenti, sincere, oneste devono subire. 

L’aggressione emotiva più detestabile è il dover sopportare di essere accusati di colpe per fatti gravi commessi da altri. E’ una tecnica oramai consolidata. Chi lavora con superficialità accetta consapevolmente di poter recare un danno a qualcuno, perché esaminare con cura il proprio operato o agire responsabilmente comporta un impegno maggiore. Per poterlo fare prima si organizza per trovare una persona a cui, eventualmente, addossare le proprie mancanze, le proprie responsabilità. Se poi questa persona è un possibile concorrente alla progressione di carriera, tanto meglio.

Sovente però, la persona candidata a divenire il capro espiatorio, l’essere che dovrà raccogliere su di se tutti i mali dell’organizzazione, ha un’alta considerazione di se, lavora con precisione e secondo principi etici riconosciuti. Agli occhi del narcisista patologico è una situazione che va cambiata. Perché il resto dei componenti della comunità deve percepire “giusta” l’aggressione. 

Può anche sembrare strano ma è lo stesso narcisista patologico a demolire la credibilità e la professionalità della figura-bersaglio sottoponendolo a continue provocazioni volte a denigrarlo. Se è sposato: sua moglie è una poco di buono che lo ha tradito anche nel viaggio di nozze. Se non è sposato: è impotente e le donne lo deridono. Se è divorziato: anche la sua compagna non sopportava più le sue ossessioni e le sue lamentele da bambino a cui hanno rubato la cioccolata. 

Ovviamente è possibile sparlare e provocare su qualunque argomento. La strategia funziona perché, chi denigra esercita una forma di “potere” e questo, in un certo qual modo, affascina gli uditori. William Shakespeare lo ha ampiamente dimostrato nel Riccardo III. 

La provocazione si concretizza quando, alla vittima, viene fatto intuire con mezze parole l’argomento utilizzato per metterlo in ridicolo. Solo che la vittima non può provarlo, e prendere una qualche iniziativa gli si ritorcerebbe inevitabilmente contro. E’ l’aggressione di un gruppo contro un singolo a cui sono state tolte le armi.

Io penso che il modo migliore di comportarsi in tali circostanze è non lasciarsi coinvolgere emotivamente, ma agire con razionalità. Qualunque provocazione venga realizzata. Nel momento in cui questo fatto si verifica gli aggressori sono certamente in una posizione di forza. Quindi è imperativo non reagire, non cadere nella trappola. Minimizzare i danni. Diversamente sarebbe un suicidio. E’ esattamente quello che vogliono. 
Inoltre mostrare loro che la nostra autostima, il nostro amor proprio, non sono così facilmente scalfibili, susciterà una certa apprensione, dimostrerà che abbiamo la forza per tenergli testa e sfruttare il momento opportuno per restituire a Cesare quello che è di Cesare.

E’ quando non si aspettano nessuna iniziativa che sono più vulnerabili. Come Alessandro Magno sapeva bene, nell’attacco, il fattore sorpresa è tutto.