venerdì 27 dicembre 2013

Mai reagire alle provocazioni



In certi ambienti di lavoro esiste un clima relazionale pessimo, per lo più dovuto alla strategia di leadership di personalità caratterizzate da un forte narcisismo. Anziché favorire il raggiungimento dei risultati, viene incentivata la competizione negativa, l’affermazione personale. In questo contesto si creano antagonismi feroci, impossibili da percepire per chi osserva le dinamiche dall’esterno. 

Le persone di valore che si ritrovano a dover operare in un simile ambiente subiscono spesso provocazioni. E’ una tecnica basata sulla comunicazione malevola, indirizzata a far reagire in modo scomposto, impulsivo, la persona individuata come bersaglio. In questo modo chi reagisce alzando la voce, sbattendo le porte, gettando a terra oggetti o altro, finisce per apparire come colui che non è capace, che non sa lavorare in una squadra, che non è all’altezza del compito affidatogli. 

Facciamo un esempio. Due impiegate allo stesso livello, quindi senza alcun vincolo di subordinazione, si incrociano in un corridoio di una qualche struttura pubblica. 

Anna domanda a Paola: “Per completare il lavoro che devo consegnare tra quindici giorni ho necessità di una copia della Deliberazione XVI dello scorso anno. Hai un’idea di come posso fare per averla in tempi brevi?” 

Paola risponde ad Anna: “In Archivio, al secondo piano, lì c’è la raccolta completa di tutte le Deliberazioni degli ultimi cinque anni”. 

Anna replica: “Al secondo piano hai detto? Ma non c’è nessun Archivio al secondo piano”. 

Paola: “Si Anna. Vai in fondo al corridoio ed apri l’ultima porta a sinistra. E’ una grande stanza dove troverai la sezione con le Deliberazioni ...”. 

Anna: “Ma questa stanza è aperta? Possono entrare tutti? Devo chiamare qualcuno per farmi cercare questo documento?”. 

Paola: “Non c’è un addetto e la stanza è sempre aperta ...”. 

Anna: “Ma com’è possibile? Un Archivio con documenti così importanti non viene nemmeno protetto con una porta chiusa? Vedrai che la chiave non c’è. Sicuramente l’avranno tolta e non potrò entrare”. 

Il dialogo è puramente inventato, ma è importante riconoscere lo schema della comunicazione. 

Paola risponde sempre e con precisione alle domande di Anna, ma la collega non solo non la ringrazia per la disponibilità, ma continua a mettere in discussione le sue affermazioni ponendo altre domande. Anna replica ogni volta come se le informazioni di Paola fossero incomplete, inverosimili; se non assurde quantomeno approssimative. E tutto questo genera insicurezza in Paola.

E’ una strategia comunicativa realizzata ad arte per destabilizzare l’equilibrio dell’altra. 

Il vero scopo di Anna non è ottenere un’informazione per reperire rapidamente un documento necessario al prosieguo del suo lavoro; lo scopo di Anna è mettere in difficoltà Paola facendola sentire inadeguata. 

Nella realtà questi scambi verbali vengono associati, nella quasi totalità delle volte, ad una comunicazione non-verbale paradossale. Anna sorride ma solleva le spalle, annuisce ma si mostra infastidita con la sola espressione del viso ad ogni risposta di Paola, le parla come un adulto farebbe ad un bambino. 

Per Paola questo modo di fare risulta incomprensibile e la comunicazione non-verbale, marcatamente negativa, pesa molto di più di quella verbale. Mentre sta ancora cercando di illustrare bene un certo concetto viene incalzata con altre domande alle quali non può rispondere sinteticamente.

Non è facile evitare queste trappole emotive. Ma se riconosciamo questo schema è fondamentale non reagire impulsivamente. Non reagire impulsivamente mai. L’avversario lo possiamo sconfiggere con le sue stesse armi. Perché quando una strategia di guerra viene individuata, non è più una strategia.