lunedì 16 dicembre 2013

I ragazzi di Agincourt




Frasi come “Questo è il posto migliore per vivere!”, oppure “Qui da noi le cose funzionano; abbiamo dei buoni amministratori”, oppure ancora “La nostra azienda è all’avanguardia per tecnologie ed organizzazione del lavoro, tanto che la concorrenza è molto lontana dai livelli che abbiamo raggiunto” sono frasi ad effetto che lasciano passare un messaggio: Noi siamo la gente migliore!


Perché chi ha potere utilizza questa forma di comunicazione? Perché in questo modo riesce a manipolare la mente degli uditori.

Se io sono un soldato di Napoleone ed ho scelto di andare in battaglia, in un certo qual modo non sono diverso dal soldato dello schieramento avversario. Potrei identificarmi con lui. Calpestiamo lo stesso fango, abbiamo entrambi una divisa, delle scarpe mal realizzate, un pasto garantito ogni giorno, un’arma da fuoco che funziona a volte si ed a volte no, ordini a cui ubbidire e la stessa paura di morire. Ma se sono un soldato di Napoleone sono io che combatto per una causa giusta, non lui. Sono io che appartengo all’Armata più forte del mondo, non lui. Sono io che sono guidato dal miglior stratega, non lui. 

William Shakespeare nell’opera Enrico V racconta il discorso che fa il Re la notte prima della battaglia contro l’esercito francese. 

Chi ha espresso questo voto? Mio cugino Westmoreland? No, mio bel cugino, se è destino che moriamo, siamo anche troppi e rappresentiamo una perdita già abbastanza grave, per la nostra patria. Se invece viviamo, meno siamo e più grande sarà la nostra parte di gloria di ciascuno. In nome di Dio, ti prego, non desiderare un solo uomo di più. Anzi, fai pure proclamare a tutto l'esercito che chi non si sente l'animo di battersi oggi, se ne vada a casa: gli daremo il lasciapassare e gli metteremo anche in borsa i denari per il viaggio. 
Non vorremmo morire in compagnia di alcuno che temesse di esserci compagno nella morte. 
Oggi è la festa dei Santi Crispino e Crispiniano; colui che sopravviverà quest'oggi e tornerà a casa, si leverà sulle punte sentendo nominare questo giorno, e si farà più alto, al nome di Crispiniano. Chi vivrà questa giornata e arriverà alla vecchiaia, ogni anno alla vigilia festeggerà dicendo: 'Domani è San Crispino'; poi farà vedere a tutti le sue cicatrici, e dirà: 'Queste ferite le ho ricevute il giorno di San Crispino'. Da vecchi si dimentica, e come gli altri, egli dimenticherà tutto il resto, ma ricorderà con grande fierezza le gesta di quel giorno. Allora i nostri nomi, a lui familiari come parole domestiche – Enrico il re, Bedford ed Exeter, Warwick e Talbot, Salisbury e Gloucester – saranno nei suoi brindisi rammentati e rivivranno. Questa storia ogni brav'uomo racconterà al figlio, e il giorno dei Santi Crispino e Crispiniano non passerà mai, sino alla fine del mondo, senza che noi veniamo ricordati. Noi pochi. Noi pochi e felici. Noi schiera di fratelli: poiché chi oggi verserà il suo sangue con me sarà mio fratello, e per quanto umile la sua condizione, sarà da questo giorno elevata, e tanti gentiluomini ora a letto in patria si sentiranno maledetti per non essersi trovati oggi qui, e menomati nella loro virilità sentendo parlare chi ha combattuto con noi questo giorno di San Crispino!

I suoi uomini sono inferiori di numero di cinque volte, ma il Re trasforma questo elemento di debolezza, in un punto di forza: la vittoria sarà nostra e verrà ricordata nei secoli proprio perché era estremamente difficile sconfiggere l’avversario. 

Il giorno dei Santi Crispino e Crispiniano non passerà mai, sino alla fine del mondo, senza che noi veniamo ricordati”.

Meno combattenti, maggiore la gloria che toccherà a ciascuno di noi. 

Una volta un Generale disse: “Tutti sono convinti che gli uomini dei reparti speciali al mio comando, sono alti oltre un metro e novanta. Non è vero. Non è così. Ma ogni Marines al mio comando è egli stesso convinto di essere alto più di un metro e novanta!”. E’ un modo per dire che l’esaltazione, ove fosse stata assente, era stata indotta.

Ed alcuni dei ragazzi che oggi sono nel periodo dell’adolescenza, vengono manipolati allo stesso modo, con argomenti di esaltazione simili. La squadra della mia città è l’unica vera squadra ed io mi identifico con i giocatori, qualunque gesto compiano. Perché sono vicini a me. Perché noi siamo la gente migliore. Perché gli avversari sono solo persone miserevoli. 

E la stessa cosa succede con quelli che frequentano lo stesso bar, circolo ricreativo, sezione locale di partito, palestra. Loro rientrano nella mia cerchia, sono vicini a me, oltre c’è una barriera invalicabile fatta da nemici da combattere, da “diversi” da picchiare ed umiliare. Perché non sono come me. 
Nel mio gruppo mi hanno insegnato che loro devono restare oltre il muro, ed io posso violare la Legge, ma non andrò mai contro le regole non scritte che vigono nel mio gruppo.

Assumere comportamenti come quello appena descritto da un senso di appartenenza rassicurante. Tutti i soldati che, come me, combattono nella stessa armata sono miei amici, mi proteggeranno o mi vendicheranno. Così i ragazzi vengono manipolati e, talvolta, scagliati contro obiettivi strategici per coloro che, queste forme di comunicazione, le padroneggiano.