martedì 10 agosto 2021

Giurisprudenza – Valutazione del Rischio




Recentemente, la Corte Suprema di Cassazione, sezione IV penale, con la Sentenza n. 13483 del 30.04.2020, ha avuto modo di ribadire che “i cardini sui quali il datore di lavoro deve fondare l’analisi e la previsione dei rischi sono, dunque, in primo luogo, la ‘propria esperienza’, in secondo luogo l’evoluzione della scienza tecnica ed, infine, ‘la casistica’ verificabile nell’ambito della lavorazione considerata”.

Da questo principio consegue in maniera diretta che “la previsione e prevenzione del rischio deve coprire qualsiasi fattore di pericolo evidenziato nell’evoluzione della ‘scienza tecnica’ e non solo dall’esperienza che l’imprenditore sviluppi su una certa attività o su uno specifico macchinario, che egli abbia potuto direttamente osservare”.

Dunque, secondo la Corte Suprema di Cassazione “non basta, cioè, a giustificare la mancata previsione del pericolo né che la sua realizzazione non si sia mai presentata nello svolgimento dell’attività concreta all’interno dell’impresa, né che esso non rientri nell’esperienza indiretta del datore di lavoro, per considerare ‘non noto’ il rischio occorre che anche la scienza tecnica non abbia potuto osservare l’evento che lo realizza. Solo in questo caso viene meno l’obbligo previsionale del datore di lavoro, cui non può richiedersi di oltrepassare il limite del sapere tecnico-scientifico, con un pronostico individuale”.

La Suprema Corte chiarisce a questo punto che “la conclusione che deve trarsi da questa premessa è che l’evento ‘raro’, in quanto ‘non ignoto’, è sempre prevedibile e come tale deve essere previsto, in quanto rischio specifico e concretamente valutabile. L’evento raro, infatti, non è l’evento impossibile. Anzi è un evento che, per definizione, prima o poi si verifica” (Corte Suprema di Cassazione, sezione IV penale, Sentenza n. 13483 del 30.04.2020).