domenica 27 ottobre 2013

Fingere un falso evento per giustificare una reazione violenta





Nel marzo 1962 un’organizzazione governativa con sede a Washington ricevette un rapporto con una serie di ipotesi militari atte a giustificare un intervento armato su Cuba. Nel documento veniva ipotizzata una strategia per creare ad arte un “incidente” da poter poi utilizzare come pretesto per una incursione militare, in modo da mascherare alla comunità internazionale le vere ragioni dell’operazione.


Uno dei possibili scenari veniva grossomodo così descritto.

Bisognava acquisire i codici di navigazione aerea di un volo charter civile temporaneamente predisposto per la missione, in modo da duplicarli su un secondo aereo simile, destinato alla dismissione ma riverniciato e riutilizzato. Il volo charter avrebbe opportunamente dovuto decollare da un aeroporto sulla costa del Golfo del Messico con rotta in un paese centroamericano, in modo da predisporre l’attraversamento dello spazio aereo di Cuba. Per i passeggeri era stata data l’indicazione di inventare una piccola associazione, un gruppo di studenti, una unione di imprenditori, un qualche insieme di persone aventi un interesse in comune, perché così vengono in genere predisposti questi voli non di linea.

Il piano era di far decollare gli aerei in modo che il primo tracciasse con il trasponder una rotta con il suo codice autentico, mentre l’aereo-ombra non avrebbe comunicato ai sistemi radar civili un suo proprio codice di navigazione perché a trasponder disattivato. Volando a bassissima quota sul mare oppure al di sotto di un altro aereo di pari dimensioni è possibile non lasciare una traccia evidente nei sistemi radar.

Le due rotte avrebbero avuto un punto di incontro nei cieli a sud della Florida. Al momento del ritrovo nel punto convenuto l’aereo-ombra sarebbe salito di quota ed avrebbe attivato il trasponder con il codice di navigazione dell’aereo civile, il quale, a sua volta, lo avrebbe spento in modo sincronizzato. L’aereo civile con i passeggeri a bordo avrebbe perso quota, quindi avrebbe utilizzato le stesse strategie di occultamento della traccia radar per raggiungere una pista ed atterrare. I passeggeri, in realtà persone con una falsa identità, sarebbero stati evacuati rapidamente.

A questo punto l’aereo-ombra avrebbe proseguito sulla rotta prestabilita per il volo charter. Giunto entro lo spazio aereo cubano l’equipaggio avrebbe segnalato un’aggressione da parte di una forza aerea ostile utilizzando le frequenze di soccorso internazionalmente codificate. Un istante prima di abbandonare il velivolo l’equipaggio avrebbe attivato un dispositivo di autodistruzione in modo da simulare un’esplosione anomala, quindi un attacco militare.
Iniziate immediatamente le ricerche dei possibili superstiti si sarebbe in realtà provveduto a recuperare l’equipaggio dell’aereo-ombra, per trasferirlo in un luogo sicuro, lontano da occhi indiscreti.

In questo modo l’atto di ostilità sarebbe stato annunciato alla comunità internazionale da una organizzazione civile in grado di monitorare il traffico aereo, e la classe politica dirigente avrebbe potuto cavalcare l’onda di indignazione per poi giustificare e rendere accettabile l’invasione militare. Fine del piano.

Verità storica nascosta per mezzo secolo? Descrizione di pura fantasia? Falso abilmente realizzato per vendere libri che parlano di astuti complotti mai realizzati? Non possiamo saperlo con certezza. In questo contesto ci interessa però trovare le analogie con quanto accade nei luoghi di lavoro.

Molti credono che una persona capace, intelligente, dotata di iniziativa, di buona volontà, onesta, corretta, non possa non affermarsi nel mondo del lavoro. E’ una falsa convinzione perché è basata sulla certezza di vivere in un mondo sostanzialmente giusto. Sappiamo tutti però, per esperienza personale prima ancora che per altro, che in tutte le comunità vi sono i narcisisti, gli invidiosi, le persone che soffrono di gelosie professionali, i perversi. Sappiamo anche che la coscienza del gruppo è diversa da quella dei singoli componenti, e che non necessariamente è migliore. Quindi in un contesto lavorativo la persona più capace, creativa, corretta, può benissimo divenire oggetto di violenza psicologica da parte del gruppo coalizzato contro di lei. E tra le strategie di attacco che dobbiamo temere c’è anche quella nella quale gli aggressori potrebbero organizzare un falso evento per giustificare una loro reazione violenta. Oppure per provocare l’adozione di un grave provvedimento disciplinare, suscitare una reazione emotiva di indignazione, oppure il licenziamento per giusta causa.

Questo non significa che dobbiamo continuamente temere un evento a noi ostile. Non tutti i luoghi di lavoro sono ambienti conflittuali, resta però una buona prassi quella di non offrire la giugulare a persone che potrebbero aver mostrato solo un’immagine amichevole di facciata, tanto per convincerci della loro amicizia. E che non aspettano altro se non il momento favorevole per attuare il loro piano.